I fallimenti hanno alimentato la mia esperienza
Il concetto di fallimento è fortemente stigmatizzato dalla società. Fin da bambini, gli sguardi che riceviamo quando falliamo o commettiamo un errore assomigliano molto a quelli che riceviamo quando ci comportiamo male. Di conseguenza, è facile cominciare a guardare se stessi con quello sguardo e, anziché rallegrarci di aver trovato una strada non valida e di poterla scartare, ci arrabbiamo con noi stessi, ci insultiamo e ci lasciamo sommergere dalla tristezza, come se fosse l’emozione giusta in quel momento…
L’unica cosa che otteniamo affrontando i fallimenti in questo modo è sprofondare ancora di più, impedendo a tale concezione negativa di farci imparare dai nostri errori.
Quando non cogliamo l’aspetto positivo che si cela dietro ad un fallimento, inoltre, tendiamo a darci per vinti, ad abbandonare qualsiasi progetto avessimo fra le mani e a darci degli inutili. Come possiamo approfittare degli insegnamenti di uno sbaglio se lo viviamo in questo modo, se cerchiamo di cancellarlo come fosse un errore di scrittura?
Le persone che non accettano i fallimenti e sono incapaci di trarre insegnamento dagli errori sono di norma individui che non sanno accettare se stessi. Tendono a ricercare la perfezione in ciascuna delle loro azioni e, dopo aver capito di non poter raggiungere la perfezione né realizzare ogni loro aspettativa, possono arrivare a mandare all’aria tutto e a cadere nello sconforto più totale.
Questo atteggiamento così poco produttivo porta persone dalle grandi potenzialità e dalle buone attitudini a smettere di provarci soltanto per paura di fallire di nuovo. Un atteggiamento che le rinchiude in un’urna di cristallo, la loro zona di comfort.
Il fallimento è sinonimo di crescita
Le persone che non falliscono mai sono quelle che non ci provano nemmeno, preferendo restare in una zona in cui i rischi sono minimi. Queste persone, in realtà, vorrebbero una vita più emozionante, ricca di sfide e traguardi da raggiungere. Ciò che importa, in fondo, non è realizzare i sogni o raggiungere il successo.
Quello che importa davvero è il percorso, la voglia di alzarsi tutte le mattina per cercare di realizzare i propri obiettivi.
Quando smettiamo di provarci per paura di fallire, stiamo già facendo un passo verso il fallimento. Il dolore è meno intenso dell’ansia che può supporre la scelta di cominciare un progetto al limite delle nostre capacità. Eppure, una volta superata quella fase, la vita apparirà molto più colorata.
Anziché essere visto come una porta che si chiude sui nostri sogni, il fallimento deve essere interpretato come il segnale che indica che stiamo crescendo. Un indicatore del fatto che stiamo esplorando nuovi cammini e che, per questo, matureremo, noi e le nostre capacità.
Non abbiamo il potere di decidere se falliremo o meno e, se davvero vogliamo qualcosa, dovremo accettare di poter andare incontro a vari sbagli. Ciò che possiamo controllare davvero è la nostra capacità di continuare a prescindere da quello che accade, ed è in questo che dobbiamo investire le nostre energie.
Come gestire i fallimenti
Il fallimento non è la fine, ma soltanto un passaggio intermedio, il movimento inevitabile verso il successo o il trionfo in qualsiasi ambito della vita. I vantaggi del fallimento sono, quindi, maggiori degli svantaggi, e per capirlo basta essere consapevoli del fatto che un fallimento non ci definisce. Esso non è altro che il bisogno espresso di agire in maniera diversa.
Per imparare a gestire meglio i fallimenti, il primo passo riguarda un compito complicato, ma fondamentale: accettare quello che non possiamo cambiare. Smetterla di lamentarci all’infinito per le carte che ci sono capitate perché nessuno tornerà a mescolare il mazzo, e continuare a giocare senza badare al risultato. Le nostre carte non saranno sempre le stesse e noi non siamo definiti dai nostri pensieri o dai nostri atteggiamenti. Noi siamo molto di più, siamo esseri complessi e cangianti, che imparano e ai quali non mancheranno opportunità per migliorare.
Siamo esseri coraggiosi a prescindere dai nostri errori, i quali non hanno la possibilità di aggiungere o togliere valore alla nostra persona.
Il passo successivo consiste nel rivedere le nostre aspettative. Dobbiamo avere ben chiara in mente la differenza tra l’io reale e l’io ideale. Il primo è la persona che siamo, né più né meno. È formato dalle nostre caratteristiche personali, le nostre abilità, le nostre virtù, i nostri difetti e i nostri limiti. Chi si conosce bene, sa fino a dove può o non può arrivare.
L’io ideale è la persona che crediamo di essere, ma che in realtà non siamo. Aspettative troppo alte su se stessi portano a dare più valore all’io ideale che a quello reale, e ci porteranno a soffrire ancora di più una volta scoperto che la realtà è ben altra.
Per questo motivo, bisogna sempre avere chiaro in mente chi siamo, tenendo conto che non siamo meglio né peggio di nessun altro essere.
In ultimo, occorre imparare a tollerare le frustrazioni della vita. I progetti non vanno sempre come uno vorrebbe, ma questo non implica necessariamente una sconfitta. Accettiamo ciò che non ci piace, errori inclusi; impariamo da essi, perché ci daranno la forza e l’entusiasmo necessari per andare avanti.