Gig economy: come adattarsi?

La gig economy, ovvero l'economia dei lavoretti, è in grande espansione. Se ben gestita, costituisce una modalità di lavoro appropriata. Una sua cattiva gestione, invece, può portare a una maggiore precarizzazione e alla violazione dei diritti del lavoratore.
Gig economy: come adattarsi?
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 28 marzo, 2023

Il mondo cambia in fretta. Per diversi aspetti, è più veloce il ritmo delle trasformazioni che la nostra capacità di assimilarli. Uno dei cambiamenti più sconvolgenti è quello della cosiddetta gig economy, ovvero l’economia dei lavoretti.

La gig economy è un nuova modalità di lavoro. Le sue caratteristiche principali sono l’uso ricorrente di contratti a breve termine per lo svolgimento delle attività in funzione del volume della domanda.

A far sembrare che al giorno d’oggi sia sempre più difficile trovare posti di lavoro stabili e duraturi è proprio questa dinamica. In tali condizioni è difficile avviare progetti di vita a medio e lungo termine per via dell’incertezza da cui è caratterizzata.

Per alcuni, si tratta di una delle forme più evidenti di instabilità lavorativa. Per altri, è una dinamica inarrestabile alla quale la maggior parte degli imprenditori tende o tenderà in futuro. Un cambiamento irreversibile che costringe a rimettere in discussione i progetti sul futuro.

“Se tutti puliscono il marciapiede, la strada sarà pulita.”

-Goethe-

Commesso

Gig economy, l’economia dei lavoretti

Il modello economico della gig economy è molto amato dagli imprenditori. Prima di tutto, perché consente di non sostenere alcuna spesa per la previdenza sociale dei lavoratori. Secondariamente, perché questa nuova modalità consente loro di rispondere in modo rigoroso alla legge della domanda e dell’offerta, e non agli obblighi imposti dalla legislazione sul lavoro.

Per i lavoratori, la prospettiva è invece completamente è diversa. In alcuni casi potrebbe anche trattarsi della condizione ideale, in termini di maggiore indipendenza. Se il lavoro occasionale è retribuito adeguatamente, può anche diventare un’alternativa interessante. In caso contrario, diventa solo un modo di svalutare il lavoro e il reddito.

Oggi più che mai, il lavoro è diventato una merce. La forza lavoro viene acquistata e venduta sul mercato. Parliamo di una modalità che è stata portata con sé dalla tecnologia e che ha colto di sorpresa molti lavoratori. L’argomento è attualmente oggetto di dibattito.

Diritti del lavoratore a rischio

Buona parte dei lavoratori che rientrano nel bacino della gig economy, ritengono sia meglio avere un reddito che essere disoccupati e senza un soldo. Tuttavia, diverse istituzioni hanno iniziato a sollevare il problema sui rischi che questo nuovo modello comporta.

L’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) mette in guardia su alcuni aspetti importanti. Sottolinea che il rischio principale di questo modello lavorativo è una progressiva perdita dei diritti del lavoro, conquistati dalle generazioni precedenti. Oltre, naturalmente, alla precarizzazione delle vite degli stessi impiegati.

Il problema principale è che la gig economy è diventata una rilevante fonte di occupazione. E se non esistesse, probabilmente ci sarebbe più disoccupazione. Situazione che, a sua volta, diventa la peggiore forma di precarizzazione della vita di un individuo. Si configura, pertanto, come un paradosso senza soluzione.

Ragazzo delle consegne gig economy

Adattamento al modello della gig economy

Le innovazioni tecnologiche e le nuove dinamiche finanziarie mondiali difficilmente ci faranno tornare a un modello di lavoro simile a quello del passato. Per creare occupazione, gli imprenditori hanno anche bisogno che il mercato offra una certa sicurezza di crescita. In tal senso, molte aziende hanno smesso di lavorare in determinati settori di nicchia per dedicarsi a progetti che iniziano e terminano, creando così, molta più incertezza.

Tuttavia, ciò non giustifica che i successi degli imprenditori e delle imprese debbano fondarsi su condizioni di lavoro degradanti per il lavoratore. È chiaro che sia l’uno che l’altro devono intraprendere un processo di adattamento alle nuove condizioni dettate dalla tecnologia e dai cambiamenti che ne derivano. E ciò richiede anche una rivisitazione della legislazione di riferimento.

Conclusioni

Gli stessi lavoratori dovrebbero stimolare un cambiamento attivo che tenga conto dei seguenti punti:

  • Più il lavoro è occasionale, più alta dovrebbe essere la retribuzione. Se i lavoratori applicano questo criterio, gli imprenditori dovranno probabilmente riadattare i loro piani, tenendo conto di questa variabile.
  • Stabilire delle tariffe minime per la prestazione. Ogni lavoratore dovrebbe calcolare il minimo richiesto per il  proprio lavoro per unità di tempo, tenendo conto delle circostanze e delle risorse che il lavoro richiede. L’ideale sarebbe non accettare nulla al di sotto di tale retribuzione.
  • Autogestione. Coloro che lavorano in questo settore dovranno pianificare attentamente le spese, lasciando anche un margine di risparmio per i “tempi morti”. In questo ambito, saper gestire bene i soldi è fondamentale.
Donna che lavora alcomputer

La parola d’ordine è flessibilità e apertura mentale, ma anche sicurezza e limiti ben chiari. La questione della gig economy sicuramente non passerà nel dimenticatoio, anzi è probabile che cresca. Tutti noi abbiamo il compito di analizzarla a fondo e di definire il modo più sano per adattarsi e sfruttare questa dinamica del mercato.


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  • Pérez Díaz, A. M. La transformación del mercado laboral y sus efectos en el trabajo: Contratación de empleo atípica y economía de las plataformas en España.

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