Guardare fuori dalla finestra: esercizio di introspezione

Guardare fuori dalla finestra: esercizio di introspezione
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Guardare fuori dalla finestra, lasciar vagare gli occhi al di là dei vetri, non è sinonimo di perdita di tempo. Perché a volte chi guarda attraverso questa soglia non ha interesse a vedere il mondo esterno, bensì desidera navigare attraverso l’introspezione, raggiungere i suoi mondi interiori alla ricerca di nuove possibilità. Pochi esercizi mentali possono essere più sani di questo.

Vediamo insieme quali benefici ci può offrire guardare fuori dalla finestra, attività in apparenza semplice.

Chi conosce Edward Hopper ricorderà senz’altro tutte i quadri in cui vi è una donna sola davanti a una finestra. A volte è una stanza d’albergo, a volte una stanza da letto o un bar… L’immagine è sempre la stessa: uno sguardo femminile che sembra superare il vetro e trovarsi a miglia di distanza da quel piccolo spazio che lo circonda.

“Non è sempre facile distinguere tra pensare e guardare fuori dalla finestra.”

-Wallace Stevens-

Cosa guardano queste donne? La risposta è semplice: tutto e niente al contempo. Hopper era un esperto nel creare stati d’animo e atmosfere in cui lasciarsi contagiare da emozioni di definizione non semplice. La luce, le forme, i colori: tutto doveva favorire una determinata sensazione. Per questo motivo usava spesso la risorsa di una finestra vicino ai suoi personaggi.

Le finestre sono soglie per la mente umana. Spesso sono la risorsa indispensabile per ogni sognatore. Anche per chi ha bisogno di riposo dopo un giorno stressante e appoggia la fronte sul vetro freddo di un finestrino della metropolitana. È in questo momento che lo sguardo si rilassa e l’immaginazione si accende. È in questo momento che iniziamo a sognare a occhi aperti e il nostro cervello trova sollievo, libertà, benessere.

Donna su un letto, davanti a una finestra

Guardare fuori dalla finestra, un esercizio di introspezione

In una qualsiasi classe di scuola elementare è facile trovare un bambino che guarda fuori dalla finestra. Sono assenti, scollegati dall’ambiente circostante, ma collegati alle loro divagazioni, alle loro fantasticherie. Mentre cresciamo, questo comportamento, lungi dal venire corretto, persiste con entusiasmo. Tuttavia continua a essere mal visto. Perché guardare fuori dalla finestra è sinonimo di improduttività, di non essere presenti nell’immediatezza che ci circonda, nelle responsabilità che abbiamo.

Ammettiamolo, raramente siamo autorizzati a immergerci nei nostri stati mentali per sapere cosa sta succedendo lì dentro. Perché chiunque lo fa rimane immobile, non genera nulla, non dimostra nulla. E questo, in una società orientata ai risultati, è poco meno che un sacrilegio. Forse per questo motivo guardare fuori dalla finestra è un esercizio che preferiamo fare in solitudine. Vuol dire lasciare gli occhi in quel limite suggestivo creato da un vetro per guardare, senza vedere, quello che succede fuori.

Realizziamo un viaggio al contrario. Non ci interessa cosa c’è là fuori, perché ci è ben noto: traffico, gruppi di persone, una città che si muove nella routine di sempre… Il nostro cervello ci attira come l’ancora che viene accolta dagli abissi marini. E lì succede qualcosa di meraviglioso e utile per il nostro sviluppo emotivo e psicologico.

Uomo che guarda dal finestrino di un aereo

Viviamo in un mondo ossessionato dalla produttività, lo sappiamo. Forse per questo motivo abbiamo dimenticato l’enorme potenziale esistente nell’atto di sognare a occhi aperti. A volte, le cose più importanti, le decisioni più rilevanti, sorgono di fronte al vetro di una finestra. È quasi come una ribellione della nostra mente che ci ordina di fare qualcosa di diverso. È entrare in contatto con il nostro Io saggio – ma recondito – per ascoltare ciò che vuole dirci. 

Il vetro davanti al quale sogniamo a occhi aperti

Psicologi esperti nel mondo della creatività, come Scott Barry Kaufman e Jerome L. Singer, ci spiegano in un articolo su Psychology Today che oggi sognare a occhi aperti rimane un’abitudine mal vista. Chi sceglie di guardare fuori dalla finestra per mezz’ora, invece di continuare a lavorare con il proprio computer, è una persona pigra.

In un altro studio condotto da questi psicologi è stato dimostrato che l’80% dei manager di aziende come Adobe pensa che la creatività sia migliorata attraverso il lavoro e l’attività continua. Quindi il lavoratore che in un dato momento sceglie di lasciare tutto per prendersi un caffè alla finestra non sopporta la pressione, è improduttivo.

Al giorno d’oggi, continuiamo ad associare il movimento con le prestazioni e la passività con la pigrizia. Dobbiamo quindi cambiare queste prospettive, queste idee arrugginite. Sognare a occhi aperti rappresenta l’arte di trovare meraviglie nascoste nel cervello. Significa allenare la mente per espanderla ancora di più attraverso l’introspezione, la curiosità, il simbolismo e l’immaginazione.

Bambina che guarda da una finestra

Tutto il potenziale nascosto in ognuno di noi può essere ritrovato davanti a una finestra. Guardare fuori dalla finestra in un certo momento della giornata equivale a prendere un appuntamento con sé stessi. Significa attraversare la soglia di quel mondo interiore così spesso trascurato. Quel mondo che non serviamo o nutriamo perché l’esterno esige troppo da noi. La società di oggi ci vuole iperconnessi, appesi a stimoli infiniti.

Cerchiamo quindi di imparare a fissare dei limiti e ad andare di tanto in tanto davanti alla finestra. Davanti a quel riflesso dove sono contenuti i nostri sogni, dove sbirciare la nostra bellezza interiore e un mondo pieno di infinite possibilità.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.