Il sistema ci fa sentire in colpa, nemici della nostra volontà
L’essere umano in quanto specie e nel corso dell’evoluzione ha dovuto affrontare sfide sempre più complicate, a una velocità esorbitante, senza che tuttavia la biologia abbia potuto procedere a questo ritmo. Così, con corpi progettati per la caccia e per proteggerci dalle condizioni avverse, oggi ci troviamo ad affrontare le sfide della tecnologia. Proprio per questo, parleremo di come il sistema ci fa sentire in colpa e come nutre questo sentimento.
Prenderemo a modello lo straordinario testo scritto dall’autrice spagnola Marta Peirano, dal titolo El enemigo conoce el sistema (Il nemico conosce il sistema). In questo libro la giornalista passa a setaccio il modo in cui il funzionamento della nostra mente ci rende vulnerabili, e molto, agli interessi di determinati settori, in particolare quando si tratta di trovare una motivazione al consumo.
Il sistema ci fa sentire in colpa
Oggi, ad esempio, sappiamo che una melodia gioiosa ci spinge a un acquisto più immediato, che la musica rilassante ci invita a rimanere più a lungo in un posto. Cosa si ascolta in un centro commerciale? Che musica di sottofondo viene diffusa in un negozio di articoli particolarmente cari? Ovviamente, poi, arriviamo a casa. Immaginiamo come potremmo sentirci dopo avere fatto acquisti di cui non avevamo bisogno o dopo aver speso tanti soldi? Ebbene sì, il sistema ci fa sentire in colpa.
Ci sentiamo in colpa anche quando non riusciamo a smettere di mangiare cibo spazzatura. Quando promettiamo a noi stessi più e più volte di migliorare la nostra dieta, salvo poi “fallire”. Ci pensiamo mai a come viene ideato questo cibo?
Parafrasando le parole di Marta Peirano, preferiamo pensare di essere dei mangioni senza un briciolo di disciplina piuttosto che pensare che uno dei sistemi più potenti e tossici del pianeta tenga in piedi un team di geni straordinariamente motivati, con salari da capogiri e laboratori muniti di tecnologia di ultimissima generazione, il cui unico scopo è quello di manipolarci, senza che ce ne accorgiamo.
Questo significa che c’è un immenso numero di persone e altrettanti processi tecnologici che lavorano per annullare la nostra volontà. Vi domandiamo dunque: vi siete mai fermati a pensare al potere che dovete affrontare?
A tutto un intero sistema che vende cibo a poco prezzo e davvero poco saziante, a causa del suo basso valore nutrizionale. Da ciò scaturisce un paradosso: la presenza di persone obese e al tempo stesso malnutrite, vittime di porzioni molto scarse, che nulla hanno a che vedere con la qualità.
Pensati per le persone che fanno della scelta del cibo da consumare un atto impulsivo, perché scarsamente motivati a causa del poco tempo o della poca energia cognitiva, e per le numerose pressioni da sopportare. D’altra parte, davanti alla crescente preoccupazione sociale nei confronti della dieta, molte delle ricette della tradizione stanno assumendo le vesti di ricette sane.
Non è raro vedere sulle confezioni di queste ultime gente che fa sport o frasi che attirano l’attenzione, distraendo dal contenuto del prodotto. Ecco il modo in cui l’industria alimentare fa nascere in noi il senso di colpa.
Alcune compagnie hanno cercato di ridurre la quantità di zucchero nei cibi che producono; tuttavia, le loro statistiche hanno poi evidenziato un calo nelle vendite. Come dice bene Marta Peirano, “è più facile provocare una dipendenza che porre fine a quest’ultima”.
D’altro canto, si tratta di un circolo vizioso in cui entriamo sin da piccoli. “I miei primi cereali”, “La mia prima zuppa”, articoli sani che contengono però ingredienti che possono creare dipendenza ed essere poco, o affatto, sani.
Il consumismo in rete
In un modo o nell’altro, il sistema ci spinge a non smettere di consumare. Cosa va di moda adesso? Le piattaforme on demand con un’infinità di serie composte da diverse stagioni.
Il cinema, un formato che si è ridotto nel tempo, con seconde e terze parti che hanno riscosso poco successo, è stato sostituito nel tempo da una piattaforma che sforna un capitolo dopo l’altro, senza interruzioni e a un “prezzo accessibile”.
Il sistema ci fa sentire in colpa. Quale emozione predomina in noi dopo aver trascorso un intero pomeriggio di fronte alla TV, con un’agenda piena di impegni rimandati? Il contorno è costituito dai social network. Un tempo disconnettevamo il terminale senza rendercene conto, per controllare l’orario, oppure così dicevamo, perché spesso non avevamo idea di che ora fosse.
Ora l’automatismo è dato dai social network. Luoghi in cui si procede con scroll infiniti che ci offrono una facciata personalizzata per invitarci a restare. È possibile entrare nella propria bacheca di Facebook e scendere, scendere e continuare ad andare giù per vedere continuamente storie condivise da conoscenti, o video di cani o di piatti dall’aspetto strabiliante. Il punto è che per uscirne bisogna recuperare il controllo sulla propria concentrazione.
Un compito complicato, perché chi ha pensato la piattaforma lo ha fatto in modo che rimanessimo lì, in quello spazio virtuale, più a lungo possibile. Persone affatto stupide che possono contare su qualsiasi forma di conoscenza oggi a nostra disposizione sul funzionamento della nostra mente. Un conoscenza che non esitano ad approfondire.
Il sistema ci fa sentire in colpa, davvero in colpa, perché quando siamo tristi, mangiamo del gelato e ci lasciamo andare. Perché quando compare la disperazione, che molto spesso deriva dal senso di colpa, siamo ancora più istintivi. Ecco che nella realtà e nel cinema, la protagonista finisce per mangiare del gelato davanti alla televisione.