Io, Daniel Blake, la storia dell'uomo comune

Cosa succede quando rimaniamo indietro in questo sistema? Come influisce la disoccupazione a determinate età o su determinati settori della popolazione? I governi tutelano i più bisognosi? "Io, Daniel Blake" narra l'asfissiante realtà dell'uomo comune, ci avvolge in un vicolo cieco dal quale sarà estremamente difficile uscire.
Io, Daniel Blake, la storia dell'uomo comune
Leah Padalino

Scritto e verificato la critica cinematografica Leah Padalino.

Ultimo aggiornamento: 14 febbraio, 2023

Io, Daniel Blake (2016) è un film britannico del regista Ken Loach, interpretato dagli attori protagonisti Dave Johns e Hayley Squires. Il regista Loach si distingue per una filmografia caratterizzata da drammi sociali, un crudo realismo dalle sfumature ideologiche.

Il cinema di Loach si nutre della realtà e si serve dei mezzi audiovisivi con uno scopo ben preciso: denunciare le diseguaglianze, la società contemporanea e le conseguenze del progresso che i media non mostrano.

All’inizio del XX secolo le guerre, le rivoluzioni, la Grande Depressione, ecc, hanno disegnato scenari che hanno conquistato tutte le copertine dei giornali. I registi hanno così iniziato a rivolgere le proprie attenzioni alla realtà, a trarre ispirazione dai giornali.

Il cinema realista è fatto di diverse sfumature, si è avvicinato ai film-documentari e in ogni Paese ha acquistato diverse connotazioni. In Francia, per esempio, spicca Jean Renoir e in Italia, con il neorealismo, il cinema affonderà le sue radici nel dopoguerra, in un Paese devastato, che ci ha regalato uno dei movimenti più interessanti della storia del cinema.

Mostrare la realtà così com’è, senza trucco, senza ornamenti, semplicemente dipingendo la società di una determinata epoca e di determinati luoghi. Loach segue i passi di altri autori realisti e si serve del suo cinema per lanciare un input ideologico e invitare alla riflessione sul mondo che ci circonda.

Un cinema britannico di stampo naturalista che ci ha regalato titoli come Riff Raff (1990), The wind that shakes the Barley (2006) o quello di cui tratta questo articolo Io, Daniel Blake. 

Io, Daniel Blake: l’altra faccia dell’Europa

L’Europa, il vecchio continente, uno spazio che ospita una grande varietà di Paesi, una moltitudine di identità e di culture. Luogo di conquistatori, di storia, ricchezza, ma anche di guerra e sofferenza. Un luogo idealizzato, in cui l’eurocentrismo a volte ci impedisce di vedere al di là delle nostre frontiere e persino di pervenire realtà che prendono forma all’interno di quei confini.

Europa è sinonimo di cultura, di progresso, di vecchio e nuovo; un continente ricco di opportunità.. o almeno, così pare. Il Regno Unito è una grande icona del continente europeo, ma anche del mondo. Uno di quei luoghi che ammiriamo dal basso, la cui bellezza ci mette nell’ombra, con la sua cultura… Insomma, è la terra di Shakespeare, dei Beatles e persino di Harry Potter. Cosa può succedere di male lì?

Io, Daniel Blake è la storia dell’uomo comune, di colui che non spicca, del vicino di casa, dell’uomo che va a guadagnarsi da vivere ogni giorno. In sostanza, dell’uomo europeo, o figlio del mondo, di qualunque angolo o posto sopravviva al progresso come può.

Una famiglia del film Io Daniel Blake.

E dietro l’uomo comune si nasconde la protesta, la dura critica mossa ai governi, all’amministrazione, a coloro che dovrebbero tutelarci e che, purtroppo, non lo fanno. Essere produttivi e consumatori: ecco di cosa c’è bisogno; di persone disposte a tutto per l’azienda, che non si ammalino mai, che non abbiano legami.

Cosa succede quando il mondo cambia tanto in poco tempo? Cosa succede a chi ha superato i 50 anni e si ritrova senza lavoro e non più in salute? Daniel Blake è un carpentiere vedovo a cui, a seguito di un infarto, il medico consiglia di non tornare a lavoro.

Eppure, per lo Stato, la sua malattia non è grave al punto da concedergli l’inabilità lavorativa, per cui si ritrova alla ricerca di un impiego. Tra la fitta trama di cavilli burocratici, Blake conoscerà Katie, una giovane madre disoccupata che riesce a stento a dare da mangiare ai propri figli. Il progresso tecnologico e uno Stato estremamente rigido renderanno ancora una volta difficile la vita dei personaggi. 

La realtà e ciò che è comune

La situazione di Daniel e Katie non è la più comune, ma non si tratta neppure di casi isolati. Loach punta a mostrare il lato peggiore della società per cui l’uomo di oggi, con un lavoro e una casa, si ritrova spesso in una condizione di povertà. E proprio qui sta la magia della pellicola, nel pensare che potrebbe capitare a chiunque di noi, che tutti, in un certo senso, siamo Daniel Blake.

Lavorare e pagare le tasse, comprare una casa, avere il frigo pieno: quando saremo anziani, riceveremo una pensione in cambio. Tutto questo è normale, lo diamo per scontato, almeno fino a quando abbiamo un lavoro. In quanto cittadini, abbiamo specifici doveri nei confronti dello Stato, che in cambio ci offre tranquillità e stabilità.

Lo Stato ha bisogno di noi e noi abbiamo bisogno dello Stato. Fin qui tutto questo sembra uno scambio più che equo. Ma cosa succede quando perdiamo il lavoro e siamo costretti a compiere comunque i nostri doveri di cittadini? Come possiamo pagare una casa se non riusciamo ad avere un frigo pieno? Una situazione asfissiante che spinge Loach alla denuncia.

Protagonisti del film Io, Daniel Blake.

Daniel Blake sarà costretto ad affrontare l’amara burocrazia, dovrà lottare per poter uscire da quella situazione da cui è stato travolto. Si ritrova in un vero e proprio vicolo cieco, in una strada senza sbocco dalla quale è quasi impossibile uscire; la sua salute gli impedisce di lavorare, ma senza lavoro non potrà sopravvivere in una società in cui tutto, davvero tutto, si compra con i soldi.

Il film ripercorre l’inferno della città moderna, dei sobborghi, delle mense dei poveri e della marginalità in cui si ritrovano alcune persone. E, in questo caso, lungi dal voler dipingere lo stereotipo delle minoranze, il regista ritrae l’uomo medio, l’uomo britannico la cui fortuna sembra averlo abbandonato.

Ecco che, a partire dalla normalità, dal nome di persona a cui fa riferimento il titolo del film, ci rende partecipi della sofferenza, e ci porta a riflettere sul nostro stesso ruolo nella società.

Daniel Blake, un personaggio reale

Il suo nome, quel nome che scopriamo già dal titolo, quel nome così reale e così comune, Daniel Blake, è il punto-chiave della denuncia, è la vittima del governo. Una vittima che potrebbe essere nostro padre, nostro nonno, nostro zio o persino noi stessi. Daniel Blake è un uomo di circa 50 anni, nato nel XX secolo, quando non esistevano ancora gli smartphone e la parola “internet” era sconosciuta.

Il mondo ha fatto passi da gigante, si è disfatto della carta e l’ha sostituita con i monitor. Daniel è rimasto indietro, è incapace di usare il computer e non nessuno può salvarlo. Se non compilerà i moduli, non potrà a uscire dalla sua prigione, ma il divario digitale non ne sa nulla di disperazione. Il male è incarnato dal governo, le vittime sono i cittadini che non ha saputo (né voluto) proteggere.

Ricerca di lavoro.

Un panorama noto a tutti noi sarà il fulcro della denuncia, le città contemporanee sono il locus terribilis nel quale i cittadini comuni soffrono la crudeltà dei propri governi. Il ritratto del funzionario impassibile che svolge il proprio lavoro perché non ha alternativa; l’uomo bloccato nel mondo della disoccupazione, della malattia e della povertà. Tutto questo è valso al film l’approvazione dell’opinione pubblica e della critica, oltre che la Palma d’Oro del prestigioso Festival di Cannes.

Insomma, la riflessione a cui ci porta non sfiora mai l’indifferenza: tutti noi possiamo essere Daniel Blake. Tutti noi siamo, involontariamente, parte di un sistema cieco e sordo dinnanzi alle nostre esigenze, e che non esiterà ad abbandonarci nel momento stesso in cui non serviremo più, a prescindere dal motivo.

Non c’è interesse per gli uomini di mezza età con una malattia, per le madri single, per gli ostacoli personali né per la vita privata. L’unica cosa che conta è essere produttivi. Se non resti a galla, sei perduto; se resti indietro, ricominciare sarà difficile.

Una situazione desolante, forse troppo sconfortante, ma reale; fatta di un nome vero e di una vera identità. Questo è il ritratto che Loach fa in Io, Daniel Blake. 

Io, Daniel Blake, esigo una data per il mio ricorso prima di morire di fame.

-Daniel Blake-


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