La soppressione del pensiero di D. Wegner

Sopprimere i pensieri li porta a rimbalzare con maggiore forza, ostacolandone l'eliminazione.
La soppressione del pensiero di D. Wegner
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Scritto Sonia Budner

Ultimo aggiornamento: 13 febbraio, 2023

Erano gli anni ’80 quando l’Università di Harvard condusse un esperimento volto a verificare l’effetto della soppressione del pensiero. Lo studio fu guidato dallo psicologo sociale americano e professore dell’Università, Daniel Wegner. Questi si basò sull’aneddoto su un orso polare narrato da Lev Tolstoj verso la fine del XIX secolo.

I risultati dell’esperimento mostrarono che la soppressione del pensiero- o per meglio dire, i tentativi di soppressione diretta del pensiero – è controproducente. I pensieri o i ricordi repressi tornano alla nostra mente in maniera inconsapevole, anche sotto forma di sogni. Wegner chiamò tale fenomeno ironico meccanismo bimodale di controllo mentale.

Tolstoj e la soppressione del pensiero

L’esperimento di Wegner sulla soppressione del pensiero si basò su un aneddoto di Lev Tolstoj. Lo scrittore russo narrò di una prova a cui fu sottoposto per poter accedere al circolo di amici del fratello maggiore. Gli venne detto di sedersi in un angolo e di non muoversi finché non avesse smesso di pensare a un orso polare.

Il povero Tolstoj non vi riuscì e rimase per ore nel suo angolo. Più cercava di rimuovere il pensiero dell’orso polare, più velocemente lo visualizzava. L’immagine dell’animale tornava di continuo. Cercare di reprimere quel pensiero non faceva che rafforzarlo.

“Prova ad eseguire questo compito: non pensare ad un orso polare, e vedrai che la maledetta cosa ti verrà in mente ogni minuto.”

-Lev Tolstoj-

Orso polare su un ghiacciaio

L’esperimento di Wegner

L’esperimento di Daniel Wegner si sviluppò per fasi. Nella prima, i partecipanti furono lasciati liberi di pensare a qualunque cosa. L’unico limite? Non potevano pensare a un orso polare.

Venne chiesto loro di suonare una campanella se in quel lasso di tempo l’orso polare fosse apparso nei loro pensieri. Per tutti i 5 minuti dell’esperimento, la campanella non smise di suonare. I partecipanti pensavano all’orso a intervalli di meno di un minuto: quanto più cercavano di non pensare all’animale proibito, più lo visualizzavano.

In una seconda fase, ai partecipanti fu chiesto di scrivere i propri pensieri prima di andare a dormire. A metà gruppo venne richiesto di scrivere tutti i pensieri a eccezione di quelli che riguardavano una determinata persona a loro gradita. Ricevettero precise istruzioni affinché reprimessero i pensieri legati a quella persona.

L’altra metà, invece, doveva includere nello scritto anche la persona cara, inserendone persino le iniziali. In un secondo momento, si passò all’analisi dei sogni dei 295 studenti che presero parte all’esperimento. Il gruppo che non aveva potuto pensare alla persona cara, la sognò il doppio delle volte rispetto a quelli a cui non era stato vietato pensarla.

I risultati dell’esperimento sulla soppressione del pensiero

Le conclusioni a cui giunse Wegner con il suo esperimento furono replicate in studi successivi dai risultati identici. La soppressione del pensiero provoca un ritorno mentale dello stesso. Si tratta quindi di una strategia non soltanto del tutto inefficace, ma anche controproducente.

Wegner lo definì ironico meccanismo bimodale di controllo mentale, e in un secondo momento prese il nome di effetto rebound post-soppressione. A quanto sembra, una parte del nostro cervello lavora in maniera intenzionale e cosciente, mentre un’altra attiva processi di supervisione involontaria attraverso l’inconscio.

La parte vigile e incosciente restituisce alla parte intenzionale il pensiero vigilato, producendo il paradosso della visualizzazione costante dell’oggetto non pensato.

Soppressione del pensiero e nuvola a posto della testa

Un uso migliore dell’orso polare

I risultati dell’esperimento di Wegner aiutarono a introdurre il concetto di orso polare con un’accezione diversa e più pratica. Per gestire i pensieri intrusivi di qualsiasi natura, bisogna cercare di dirigere l’attenzione verso un altro punto di interesse.

Così facendo il pensiero non torna al focus di coscienza in quanto, anziché reprimerlo, esso viene semplicemente sostituito da un altro. In altre parole, non bisogna reprimere i pensieri ricorrenti.

Capire questo meccanismo è fondamentale per gestire al meglio i pensieri intrusivi e sostituirli. La prossima volta che vi capiterà, provate a pensare a un orso bianco.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.