Lasciami entrare: dalla fantasia alla violenza reale

"Lasciami entrare" narra la complessa situazione di Oskar, un ragazzo che soffre di bullismo e che troverà un alleato nella sua nuova amica Eli. Quello che Oskar non sa è che Eli è in realtà un vampiro.
Lasciami entrare: dalla fantasia alla violenza reale
Leah Padalino

Scritto e verificato la critica cinematografica Leah Padalino.

Ultimo aggiornamento: 16 febbraio, 2023

Quando pensiamo ai film sui vampiri, ci vengono sicuramente in mente immagini di attori come Béla Lugosi o Christopher Lee che interpretano Dracula. L’immagine del conte sanguinario è stata sfruttata ad nauseam, ma non è l’unico esempio di vampiro che possiamo trovare. Il cinema, la letteratura e le arti in generale hanno contribuito a delineare un’immagine piuttosto archetipica del vampiro. Lasciami entrare, il film che Thomas Alfredson realizzò nel 2008, distorce, in una certa misura, questo archetipo.

Potremmo fare una lunga lista di film che parlano di vampiri da diversi punti di vista e potremmo anche fare un viaggio attraverso il tempo per definire il modo in cui il loro profilo è cambiato. Dal classico conte con il mantello nero e le zanne affilate all’eterno adolescente sinistro e affascinante di saghe come Twilight, i vampiri sembrano aver vestito molti costumi.

Tuttavia, se pensiamo a mente fredda a come sarebbe un vampiro nella realtà, sicuramente la sua immagine, più che elegante, risulterebbe sgradevole. E non negheremo che una persona che si nutre di sangue e non tollera la luce del sole possa essere tutt’altro che bella.

Così, Lasciami entrare ci presenta un vampiro plausibile, un vampiro il cui sangue si asciuga intorno alle labbra e che sopravvive come meglio può a discapito dei suoi istinti.

Ma al di là dell’incredibile proposta fantastica, Alfredson mirava a parlare di questioni quotidiane, ritraendo la società svedese del momento e i suoi conflitti.

Lasciami entrare è un film a cavallo tra il fantastico e il reale, capace di parlare di vampiri, ma anche di bullismo, violenza e pederastia. Ispirato da un’opera letteraria ancora più oscura, il film sorprende abbracciando la tradizione del cinema vampiresco per reinventarla finalmente, reinterpretarla e trasferirla in uno scenario aggiornato.

Tra tradizione e attualità

Apriamo questo punto chiedendoci: cos’è esattamente un vampiro? Nell’immaginario collettivo, profondamente nutrito dal cinema e dalla letteratura, rimane radicata l’idea di esseri che non invecchiano mai, terrificanti, ma dotati di una certa eleganza. Esseri che non sopportano la luce, che dormono nelle bare e la cui natura li porta a nutrirsi di sangue.

Nella prima decade del secolo scorso, titoli come Nosferatu (Murnau, 1922) o Dracula (Browning, 1931) contribuirono a consolidare questa immagine di vampiro. Tuttavia, sia il pubblico sia la società si sono evoluti e non si spaventano più così facilmente.

Con l’arrivo della televisione, questi mostri hanno smesso di terrorizzare e sono divenuti oggetto di scherno; così, registi come Polanski osarono ridicolizzare la loro immagine con film come Per favore, non mordermi sul collo! (Polanski, 1967).

Gli anni ’90 hanno visto il recupero del classicismo, di quel vampirismo classico che passa dal gotico al bello, dal terrificante al romantico in pochi secondi. A partire da questo decennio troviamo titoli come Intervista col vampiro (Jordan, 1994) e Dracula di Bram Stoker (Coppola, 1992).

Il genere è stato sfruttato a livelli impensabili, regalandoci gemme, ma anche abbracciando il pathos nel suo lato più commerciale con saghe come Twilight, che si allontanano dalla figura terrificante del vampiro e anche da quella comica per mostrarci una visione adolescenziale.

Questo abuso del genere sembrava aver esaurito le idee, finché film come Solo gli amanti sopravvivono (Jasmusch, 2013) o Lasciami entrare mostrano che una reinvenzione è possibile; oltre ad aprire la porta per esplorare altri percorsi, molto più profondi e interessanti.

Concentrandoci sul film che ci riguarda oggi, vediamo che l’immagine del vampiro non è più legata all’eleganza, ma a una ragazza dall’aspetto poco curato. Il sangue non cola più poeticamente dalle sue labbra, ma le bagna il viso e si asciuga, dandole un aspetto molto più sgradevole e realistico.

Non dobbiamo vedere questo aggiornamento come una rottura drastica con il genere, ma come una reinterpretazione. Il vampiro protagonista di Lasciami entrare si abbevera dalla tradizione e presenta un gran numero di caratteristiche che rimandano al classico vampiro. 

Non dorme in una bara, ma lo fa in una vasca da bagno, l’oggetto quotidiano più simile a una bara; non può esporsi alla luce e cammina in piedi; chiede il permesso di entrare, ecc. Insomma, gli elementi più puramente tradizionali si fondono con il realismo latente dell’ambientazione del film.

Lasciami entrare: la profondità del realismo

Intendere il cinema fantastico come pura implausibilità sarebbe un errore; il fantasy, come ogni genere, è capace di usare la metafora per esprimere una dura critica.

Così, film come La forma dell’acqua (Del Toro, 2017) cercano di giustificare i loro mostri, di mostrare che le apparenze sono ingannevoli e che, il più delle volte, sono essi stessi umani. Lasciami entrare fa lo stesso, sfruttando le risorse del fantastico per raccontarci una storia tragica, crudele e, purtroppo, più comune di quanto vorremmo.

Il bullismo è presentato come un male che sembra impossessarsi di Oskar, il personaggio principale. Sebbene Eli, la ragazza vampiro, appaia come un mostro o come una minaccia, mostra una certa umanità che a volte supera quella degli umani. Non ha scelta, deve uccidere per sopravvivere, risponde a un istinto incontrollabile che giustifica la sua violenza.

Tuttavia, non c’è una tale giustificazione per alcuni dei personaggi umani del film. Oskar è vittima del bullismo dei suoi coetanei e dell’indifferenza degli adulti, ma anche la rabbia e la violenza finiscono per nascere in lui.

I bambini che tormentano Oskar agiscono senza apparente motivo, ma Eli lo fa per bisogno. In questo modo, la giustificazione del mostro contrasta con la non giustificazione della violenza più quotidiana che possiamo percepire nel resto dei personaggi e che fa appello alle nostre società.

Mano sul vetro.

Il ritratto di questa violenza quotidiana si distingue per la sua crudezza, per il dolore delle sue immagini. In modo sottile ma penetrante, il regista ci parla di altri mali che coesistono con noi, come l’egoismo, le famiglie disfunzionali e il pesante fardello delle apparenze.

La violenza permea il gelido paesaggio svedese attraverso il quale si muovono i personaggi, prendendo il sopravvento sull’innocenza dei bambini. Tutti portiamo un peso, tutti piangiamo in silenzio e tutti cerchiamo una via di fuga.

Lasciami entrare affronta altre tematiche altrettanto allarmanti, ma messe a tacere, come il suicidio o la pederastia. Ma non prima di averci mostrato che l’amore è al di sopra di tutto, anche del sesso.

Con delicatezza, il passato di Eli viene affrontato attraverso una breve immagine in cui lo spettatore capisce che, come lei stessa sottolinea, non è sempre stata una bambina.

La naturalezza e la complessità del film poggiano su tracce indelebili della tradizione horror che mimano l’orrore della realtà. In modo pacato, con immagini di potente bellezza, il film dimostra che, forse, colui che etichettiamo come mostro non è così mostruoso come la società.


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