Le circostanze pesano in alcuni paesi

Uno stesso fatto può portare a conclusioni diverse a seconda delle circostanze e/o dei Paesi in cui ci troviamo. La coesistenza di realtà disparate in luoghi diversi è scoraggiante.
Le circostanze pesano in alcuni paesi
Fátima Servián Franco

Scritto e verificato la psicologa Fátima Servián Franco.

Ultimo aggiornamento: 14 febbraio, 2023

È un dato di fatto che le circostanze pesano in determinati Paesi. Un articolo pubblicato su uno dei grandi giornali a tiratura nazionale, intitolato Perché le donne saudite scappano ha messo sotto i riflettori uno dei sistemi politici in cui gli uomini esercitano ancora il controllo su ogni aspetto della vita delle donne.

In qualche modo, la natura di qualsiasi azione dipende dalle circostanze e/o dai Paesi in cui si compie. Alcune persone sono costrette a mettere da parte i propri interessi a causa delle imposizioni del luogo in cui vivono.

Lo stesso fatto avvenuto nelle stesse circostanze, non avrà lo stesso epilogo in paesi diversi. È avvilente pensare che coesistano realtà così disparate in luoghi diversi.

“Nessun uomo è necessario, e tutti siamo più o meno utili a seconda delle circostanze”.

-Paula Santander-

 

Donna bendata.

In alcuni Paesi, le circostanze pesano

L’immagine della giovane donna barricata nella stanza di hotel dell’aeroporto di Bangkok ha senza dubbio smosso gli animi.

Parlando in un inglese stentato, la saudita Rahaf Mohammed ha chiesto aiuto tramite Twitter affinché le autorità non la consegnassero al padre e al  fratello, da cui era fuggita ore prima. “Mi uccideranno”, dichiarava, spaventata, ma risoluta.

Rahaf non scappava dalla guerra né dalla povertà, ma dagli usi e costumi che continuano a pesare sulla libertà delle donne in Arabia Saudita. Ciò nonostante le riforme annunciate dall’arrivo al potere di re Salman e di suo figlio Mohamed quattro anni fa.

Dopo aver diffuso la sua foto e quella del suo passaporto, Rahaf ha raccontato che non riusciva più a sopportare le restrizioni che le venivano imposte a casa, che la madre l’aveva tenuta chiusa nella sua stanza per sei mesi dopo che si era tagliata i capelli; non voleva più coprirsi con l’hijab, pregare né essere mussulmana, ma non aveva altra scelta.

Aveva approfittato di una vacanza in famiglia in Kuwait per fuggire in Australia, dove aveva intenzione di chiedere asilo. Rendendosi conto della sua assenza, il padre, che aveva diversi contatti, era riuscito a ottenere l’aiuto di diplomatici sauditi a Bangkok, dove Rahaf faceva scalo.

Le aveva fatto ritirare il passaporto, in attesa di farla tornare indietro sul volo successivo. Nessuno ha considerato che la ragazza avesse 18 anni, pertanto fosse maggiorenne.

Rahaf non è la prima giovane donna a fuggire da una famiglia oppressiva; accade in tutti i Paesi. Ma solo in Arabia Saudita le donne sono sottomesse a vita all’autorità degli uomini a causa di un sistema di tutela (wilaya).

A detta degli esperti, si tratta del sistema più restrittivo del mondo islamico e rende le donne eternamente incapaci di decidere per se stesse.

Donna araba occhi chiusi.

Essere difensori dei diritti umani prescinde dai confini

La situazione della giovane ha scatenato una mobilitazione sui social media da parte di femministe, difensori dei diritti umani e persone in tutto il mondo.

Molti hanno ricordato il caso di Dina Ali, insegnante ventiquattrenne che due anni prima, cercando di raggiungere l’Australia in cerca di asilo per ragioni simili a quelle di Rahaf, venne intercettata mentre faceva scalo a Manila.

Le autorità filippine la consegnarono poi a due uomini presentatisi come suoi zii, la fecero imbarcare forzatamente su un volo di ritorno a Riad e non si ebbero più notizie di lei. Non potevano permettere che accadesse la stessa cosa.

Il caso di Rahaf è sintomo della situazione delle donne in Arabia Saudita e del Paese in generale. Nonostante le riforme per lo più sociali ed economiche, le donne saudite restano indifese a causa del sistema di tutela.

Ciò significa che molte di loro lottano ancora per esercitare i propri diritti fondamentali in circostanze soffocanti, spiega Dana Ahmed, ricercatrice di Amnesty International.

Conclusioni

Rahaf Al Qunun si è recata a Bangkok temendo che i suoi parenti l’avrebbero uccisa per aver rinnegato l’islam. Grazie alle persone che lottano per i diritti umani in tutto il mondo, e in particolare all’agenzia ONU per i rifugiati, UNHCR, la donna è potuta andare in Canada, dove le è stato concesso molto più che il semplice asilo.

In questa nuova vita le circostanze rimarranno imprevedibili, ma lei sarà libera di decidere come affrontarle.

“L’uomo non è figlio delle circostanze, ma sono le circostanze le creature dell’uomo”.

-Benjamin Disraeli-


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.