Onde gamma contro l'Alzheimer
Avete mai sentito parlare delle onde gamma contro l’Alzheimer? Il progresso scientifico e tecnologico, nonché la loro sinergia, ha reso possibile la scoperta di nuove terapie che aprono uno spiraglio di speranza.
La malattia di Alzheimer resta, in larga misura, un mistero. È una patologia che può essere confermata solo dopo la morte e sulla cui origine persistono ancora molti dubbi.
A livello terapeutico, nessun farmaco o cura è in grado di rallentare o arrestare la malattia. Qualunque piccolo progresso che rallenti il suo decorso o che offra miglioramenti cognitivi è, dunque, un risultato prezioso.
Cosa sono le onde gamma?
Le onde gamma sono un modello di oscillazione neurale la cui frequenza varia tra 20 e 100 Hz. La frequenza tipica è intorno ai 40 Hz.
La presenza di queste onde riflette un’intensa attività cerebrale. È superiore a quella riflessa dalle onde beta, presenti quando siamo concentrati. Le onde gamma indicano che il nostro cervello sta lavorando “a tutto gas”, attivando diverse aree.
Si ritiene che queste onde siano innescate da complesse funzioni esecutive o da un’attività mentale elevata. Queste attività complesse, come l’orientamento, l’attenzione, la consapevolezza o il ragionamento, richiedono l’attivazione coordinata dei neuroni in varie aree del cervello per integrare informazioni diverse e dare un senso alla realtà.
A quanto pare, tuttavia, che le onde gamma non riflettano soltanto questo tipo di attività, ma anche altri processi che non hanno nulla a che fare con la concentrazione o il pensiero. Sembrano essere correlate a comportamenti esplosivi, ansia intensa o paura.
In che modo le onde gamma sono correlate all’Alzheimer?
La causa esatta dell’Alzheimer non è del tutto nota, ma si conoscono alcune alterazioni fisiopatologiche caratteristiche. È stato scoperto che depositi di proteina beta amiloide portano alla formazione di placche intorno ai neuroni, mettendoli fuori uso; è nota la formazione di grovigli neurofibrillari intracellulari e la presenza della proteina tau fosforilata.
Secondo la ricerca, l’attività gamma nei malati di Alzheimer sembra essere alterata. Questo potrebbe contribuire a generare un deficit delle funzioni cognitive complesse, come quelle descritte.
Sulla base di questa scoperta, il Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha avviato uno studio con cavie geneticamente modificate per produrre un eccesso di beta-amiloide, ovvero cavie con Alzheimer.
Come aumentare l’attività gamma del cervello e quali sono i benefici delle onde gamma contro l’Alzheimer
Gli esperimenti sono stati condotti da Li-Huei Tsai, direttrice dell’Istituto Picower per l’Apprendimento e la Memoria (MIT). L’obiettivo era stimolare le attività delle onde gamma dei topi malati di Alzheimer mediante una luce intermittente a 4o Hz.
I risultati hanno mostrato una drastica riduzione delle placche beta-amiloidi e della proteina tau fosforilata. E non solo, la luce è stata in grado di migliorare l’attività delle cellule della microglia, responsabili della pulizia degli scarti all’interno del cervello.
Nel corso di questo primo esperimento, i ricercatori si sono limitati a stimolare l’attività gamma della corteccia visiva. Sono però andati oltre, ovvero hanno cercato di indurre oscillazioni gamma mediante l’esposizione a toni di 40 Hz. Oltre a ridurre la quantità di beta-amiloide nella corteccia uditiva, sono stati registrati effetti a carico dell’ippocampo. Quest’area è molto importante per la formazione della memoria.
Non soddisfatti del risultato, i ricercatori hanno deciso di sperimentare l’effetto combinato dei due tipi di stimolazione, visiva e uditiva. Hanno così scoperto che non solo gli effetti erano positivi, ma anche due volte più efficaci di ciascuna modalità di stimolazione eseguita in modo separato. Anche la risposta della microglia è stata molto più intensa.
Altri risultati sulle onde gamma contro l’Alzheimer
Tsai e i suoi colleghi hanno scoperto che se le cavie venivano stimolate, facendo poi seguire una settimana di riposo senza stimolazione, tali effetti benefici svanivano. Ciò indicherebbe che questa terapia dovrebbe essere intensiva per essere efficace.
In realtà, tuttavia, è stata testata solo su cavie con Alzheimer ed esseri umani sani. Solo di recente la comunità scientifica ha cominciato i test su pazienti con Alzheimer in stadio iniziale.
Resta da scoprire l’enigma più importante: il cervello umano si comporterà come il cervello dei roditori e migliorerà? Speriamo di sì.
Cosa significherebbe scoprire che questa stimolazione è in grado di rallentare o addirittura arrestare i sintomi dell’Alzheimer? Potrebbe rappresentare una rivoluzione considerato che, al momento, non esiste ancora una cura efficace per la demenza più diffusa al mondo.
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