Persone autolesioniste: perché lo sono?

Il dolore fisico autoinflitto come valvola di sfogo per la sofferenza emotiva... come può essere spiegato? Perché ci sono persone che praticano il cutting? Analizziamo le cause di questo comportamento.
Persone autolesioniste: perché lo sono?
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

Si calcola che circa il 4% degli adulti siano autolesionisti, senza alcuna distinzione di genere. La cifra aumenta nella fascia di età compresa tra i 12 e i 18 anni. Tagli, colpi, bruciature, strapparsi i capelli… Le persone autolesioniste si infliggono dolore in vari modi, e tutti, fatto curioso, hanno lo stesso scopo: disfarsi del dolore emotivo.

C’è chi parla di moda, ma considerarlo tale sarebbe banalizzare una realtà molto problematica e in crescita. Vedere un taglio orizzontale sul polso di un adolescente non sempre indica un tentato suicidio. Tra le varie motivazioni, forse ha cercato di “sentirsi vivo” attraverso il dolore.

Il fenomeno dell’autolesionismo è più complesso di quanto possa sembrare a prima vista. Approfondiamo questa realtà per comprenderne le dimensioni, le cause, i meccanismi di intervento.

Donna triste tra le persone autolesioniste.

Motivi per cui ci sono persone autolesioniste

Ci sono persone che si vergognano dei propri chili di troppo o di un naso aquilino; altre, invece, si vergognano delle lesioni autoinflitte, che nascondono sotto un bracciale, con tatuaggi o ferendosi in angoli nascosti del corpo. Non si tratta, purtroppo, di un fatto isolato.

In uno studio condotto tra il 2005 e il 2011 presso il dipartimento di Psicologia dell’Università del Wisconsin si legge che 1 adolescente su 5 è autolesionista. Questa cifra è cresciuta negli ultimi anni.

Non possiamo negare il peso e l’impatto dei social network sulla diffusione di questi comportamenti. La pratica del cutting, per esempio, sta diventando sempre più popolare. Così, mentre gli adulti la nascondono con discrezione e attenzione, una parte degli adolescenti posta persino le immagini delle proprie ferite.

Ma perché lo fanno? Perché ci sono persone autolesioniste? Le motivazioni alla base di questa condotta sono oggetto di grande interesse.

Cause dietro il comportamento autolesionista

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali definisce questo comportamento come un disturbo. Si tratta, dunque, di un disturbo mentale, sebbene potremmo dire che l’autolesionismo è solo il sintomo di un quadro più grave.

Gonzalez R. B., & Alvarez, B.; G. (2012) sottolineano che condotte simili celano un disturbo d’ansia, depressione e un disturbo post-traumatico da stress. Alcuni fattori che spiegano il comportamento autolesionista sono:

  • Pressione ed elevate pretese dell’ambiente scolastico, universitario o lavorativo.
  • Essere vittima di bullismo.
  • Problemi sul posto di lavoro.
  • Aver subito abusi o maltrattamenti durante l’infanzia.
  • Subire attacchi di omofobia o transfobia.
  • Aver sofferto una perdita o non riuscire a superare il lutto.
  • Stress accumulato nel tempo.
  • Difficoltà economiche.
  • Il disturbo borderline è una delle condizioni mentali che può favorire la comparsa di autolesionismo.
  • Odio per il proprio corpo.

Le cause di questo comportamento sono diverse. Qualsiasi persona, dunque, può diventare autolesionista. Non importano l’età, lo status, il genere… La ricerca di dolore rappresenta spesso una valvola di sfogo.

A quale scopo praticare l’autolesionismo?

Tagliarsi, ustionarsi, strapparsi i capelli o, semplicemente, togliere più volte la crosta di una ferita affinché si infetti. Perché ci sono persone autolesioniste? Qual è lo scopo di questi gesti?

Villarroel, J. e Jerez, S (2013) spiegano che in linea di massima sono quattro i motivi alla base dell’autolesionismo:

  • Il dolore fisico può donare sollievo dalla sofferenza emotiva. Placa e svia l’attenzione dalla tristezza appiccicosa, dal ricordo di un fatto doloroso del passato o di una situazione angosciante che appartiene presente. L’autolesionismo genera “sollievo” psicologico, come togliersi un peso doloroso. Quasi come il vomito per chi soffre di bulimia.
  • Alcune persone autolesioniste cercano di punirsi. Sono i peggiori critici di se stessi e decidono di infliggersi dolore perché hanno commesso un errore, perché sono stati poco produttivi o hanno fallito.
  • L’autolesionismo è un modo per “provare qualcosa”. Quando una persona pensa di avere una vita piatta, vuota e senza senso, questo comportamento rappresenta una via di fuga. Infine, cosa non meno importante, una ferita autoinflitta può essere una richiesta di aiuto, soprattutto per gli adolescenti di 12 o 13 anni.
Ragazza triste che odia la sua vita.

Come aiutare le persone autolesioniste?

Se chiedete perché ci sono persone autolesioniste, la risposta potrebbe essere riassunta in due parole: perché soffrono. L’approccio psicologico è fondamentale, anche perché si tratta di una realtà che richiedono un rapido intervento. L’autolesionismo e il suicidio sono correlati. Gli approcci attualmente impiegati per trattare questa condotta sono diversi:

  • Terapia centrata sulla soluzione. Bisogna capire cosa provoca l’autolesionismo e mettere in atto strategie per affrontarlo.
  • Altri aspetti chiave sono saper gestire le emozioni e rafforzare l’autostima.

Ultimo, ma non meno importante, si consiglia di coinvolgere la famiglia, soprattutto se il paziente è un minore. I comportamenti autolesionisti rappresentano una risposta errata alle difficoltà, una valvola di sfogo ingannevole e pericolosa alla quale non si dovrebbe fare ricorso. Il consiglio è rivolgersi a un professionista.


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  • González, R. B., & Álvarez, B. G. (2012). Conductas autolesivas. Cad Atenc Primaria18, 70-72.
  • Ibáñez, Á. F., Costa, M. V., del Real Peña, A., & del Castillo, C. S. (2012). Conducta autolesiva en adolescentes: prevalencia, factores de riesgo y tratamiento. Cuadernos de Medicina psicosomática y psiquiatría de enlace, (103), 5.
  • J. Muehlenkamp, Jennifer, Laurence Claes. International prevalence of adolescent non-suicidal self-injury and deliberate self-harm. Child Adolesc Psychiatry Ment Health. 2012 Mar 30;6:10. doi: 10.1186/1753-2000-6-10.
  • Villarroel, J., Jerez, S., Montenegro, M., Angélica, M., Montes, C., Igor, M., & Silva, H. (2013). Conductas autolesivas no suicidas en la práctica clínica: Primera parte: conceptualización y diagnóstico. Revista chilena de neuro-psiquiatría51(1), 38-45.

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