Rainer Maria Rilke, poeta della luce nell'oscurità

Per Rainer Maria Rilke, la tristezza era fonte di ispirazione. I suoi versi ci invitano a non lasciarci vincere dalla perdita; a essere sempre curiosi e a cercare la luce in quella fitta foresta che è il nostro io interiore.
Rainer Maria Rilke, poeta della luce nell'oscurità
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

La musa del poeta Rainer Maria Rilke era la tristezza. La sua arte (soprattutto le sue lettere) contiene la magia della metamorfosi. Ci insegna a cercare la luce nel fitto dell’oscurità, a superare il senso di perdita, a coltivare i valori della pazienza e della curiosità, ad accettare la natura solitaria dell’uomo.

Rilke è stato definito artigiano dell’amore ed esperto di solitudine scelta. Si innamorò di un gran numero di principesse, contesse e duchesse dell’impero austro-ungarico. Fu poeta itinerante e viaggiatore instancabile. Ospite di palazzo in palazzo, incantava con la sua arte per poi ripartire, lasciando dietro sé un senso di vuoto.

Fu il classico migrante in cerca di un mecenate che lo tirasse fuori dalla miseria e da quella malattia inguaribile che lo affliggeva da sempre: la solitudine. Al tempo stesso, nonostante l’errare esistenziale, nessuno come Rilke seppe esplorare il sentimento della perdita. 

Trovò la massima ispirazione e stabilità con Lou Andreas-Salomé. Scrittrice, filosofa e psicoanalista russa, condivideva con il poeta lo spirito liberale. Per entrambi, i valori più importanti erano l’arte, la cultura e il sapere. L’amore era ispirazione, nutrimento per la scrittura e per la poesia, ma alla fine, un sentimento troppo soverchiante.

“Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e cerca di amare le domande che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera”.

– Rainer Maria Rilke –

Rainer Maria Rilke nel suo studio.

Biografia di Rainer Maria Rilke, poeta itinerante

René Karl Wilhelm Johann Josef Maria Rilke nacque il 4 dicembre 1875 a Praga. Il padre era un impiegato delle ferrovie e la madre era figlia di un importante banchiere. Fu lei, Sophie Entz, donna di cultura e di grande raffinatezza, a trasmettere al figlio il gusto per la scrittura e la poesia, arti in cui Rilke dimostrò sin da bambino un notevole talento.

Un mondo delicato e raffinato destinato a crollare con la separazione dei genitori. Il padre si fece dunque carico dell’educazione del figlio, che iscrisse all’accademia militare. Una salute cagionevole permise al giovane Rilke di uscire dal mondo militare e iscriversi all’università. Studiò letteratura, storia dell’arte e filosofia a Praga e Monaco.

Durante il suo soggiorno a Monaco conobbe la donna della sua vita, Lou Andreas-Salomé, scrittrice russa più grande di lui di 15 anni. Era stata l’amante degli intellettuali più noti dell’epoca e questo ispirò ancora di più il giovane. Lou diventò sua consigliera e confidente. Gli insegnò le lingue e diventò la musa di tutta una vita.

Lou von Salomé e Rainer Maria Rilke.

Questa amicizia permise a Rainer Maria Rilke di conoscere scrittori importanti come Leon All’inizio del nuovo secolo, in una colonia di artisti a Worpswede conobbe la scultrice Clara Westhoff. Si sposò con lei e l’anno successivo, dopo la nascita della loro prima figlia, decise di partire da solo per Parigi.

Consolidamento della sua opera

A Parigi Rilke incontrò Auguste Rodin e cominciò a lavorare come suo segretario. Il famoso scultore gli insegnò la tecnica dell’osservazione oggettiva come modalità creativa. Strinse amicizia anche con il pittore spagnolo Ignacio Zuloaga. I due artisti diedero impulso al motore creativo del poeta e a quella forza che caratterizza gran parte dei suoi versi.

Nel suo periodo parigino scrisse Neue Gedichte (Poesie nuove, 1907), Requiem (1909) e il romanzo I quaderni di Malte Laurids Brigge. Quest’ultima è un’opera quasi autobiografica, una confessione spirituale e intima a partire dalle sue esperienze.

Nel 1912 Rilke soggiornò nel castello di Duino, vicino a Trieste. Visse per alcuni mesi con la contessa Marie de Thurn un Taxis. La donna ispirò le sue Elegie duinesi. Fu per lui un periodo di serenità e divertimenti che terminò bruscamente con lo scoppio della prima guerra mondiale.

Rilke trascorse la maggior parte del periodo bellico a Monaco, fino a quando venne richiamato alle armi. Questo evento segnerà il suo carattere che da aperto, romantico e ribelle, divenne taciturno. Dopo il periodo caotico della guerra intraprese una serie di viaggi nel tentativo di ritrovare la calma e l’ispirazione necessari alla sua mente.

L’ombra della fine e il lavoro frenetico

La sua protettrice gli comprò una casa in svizzera in modo che potesse raggiungere un po’ di stabilità. Così, tra il 1922 e il 1926 si aprì per lui un periodo di intensa creatività, quasi frenetica. La sua salute non era delle migliori, soffriva di leucemia ed era consapevole che la fiamma della sua vita si stava spegnendo.

Tuttavia, la certezza della fine diede un ulteriore impulso alla sua mente, e ansia di rubare più tempo alla vita. In questo periodo scrisse un’enorme quantità di poesie e di lettere. La sua eredità lirica è delicata e profonda, simbolica e al tempo stesso intima e ispiratrice.

“Vedi: io sento, come mi allontano, quanto io, foglia a foglia, perda il vecchio. Soltanto il tuo sorriso, stella nitida, sta su di te, e presto anche su me”.

– R. M. Rilke –

Reiner Maria Rilke legge seduto sulla panchina.

Negli ultimi anni della sua vita, ebbe una relazione con l’artista Elisabeth Dorothea Spiro, il cui figlio sarebbe poi diventato il celebre pittore Balthus. Rilke morì il 29 dicembre 1926 nel sanatorio svizzero di Val-Mont, all’età di 51 anni.

Rainer Maria Rilke: la tristezza come impulso creativo

“Io credo che quasi tutte le nostre tristezze siano momenti di tensione, che noi sentiamo come paralisi, perché non sappiamo più sentir vivere i nostri sentimenti sorpresi.”

La vita di Rilke fu segnata dalla migrazione esistenziale che lo spinse ad andare di città in città, di donna in donna. Nel poeta viveva probabilmente il desiderio imperioso di fuggire da qualcosa e quel qualcosa era, forse, se stesso. La tristezza fu la sua vera e più fedele amante. Nessuno come lui ha saputo vivere immerso in questa emozione.

Rilke paragonava le emozioni alla struttura di una casa. Diceva che quando la malinconia e la tristezza entrano in noi, diventiamo quieti. Ci mutiamo in edifici, muri e pareti. Costruzioni rigide. Abbiamo però anche il potere di trasformarci, di portare luce in queste architetture ombrose.

È celebre una lettera indirizzata a Sidonie Nádherná von Borutín, moglie dello scrittore Karl Kraus. Il poeta, dopo aver appreso del suicidio del fratello della donna, le scrisse; “La sua vita deve ora continuare dentro la tua. La perdita non è separazione. Cerca l’armonia, cerca il significato e crea qualcosa di nuovo con la tua memoria e il tuo affetto”.

Uomo in controluce in un campo.

Un Davide contro Golia

Rilke non disse mai, nei suoi scritti, che il tempo guarisce o placa il dolore di una morte. Attraverso la sua poesia ci insegna piuttosto ad accettare le difficoltà come parte della vita, e a non ignorarle. Le avversità ci aiutano a realizzarci e ci permettono di cambiare.

Sembra un Davide contro Golia. Le sue parole, a prima vista leggere, hanno un impatto profondo. Ci insegnano che la perdita, la tristezza e il rimpianto sono l’altra metà della vita, sono l’ombra. E noi siamo la luce.


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  • Pau, Antonio (2012). Vida de Rainer María Rilke. La belleza y el espanto. Tercera edición. Madrid: Editorial Trotta.
  • Wiesenthal, Mauricio (2015). Rainer Maria Rilke (El vidente y lo oculto). Barcelona: Editorial Acantilado.

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