Storia sull'identità: l'aquila che si credeva gallina

Vi proponiamo una interessante storia sull'identità che spiega come, a volte, molte persone seguono percorsi che li allontanano da se stesse.
Storia sull'identità: l'aquila che si credeva gallina
Sergio De Dios González

Revisionato e approvato da lo psicologo Sergio De Dios González.

Ultimo aggiornamento: 28 marzo, 2023

Forse avrete già sentito parlare di questo racconto, una storia sull’identità che vale la pena rileggere, di tanto in tanto, per comprendere quanto possa essere cruciale l’influenza esterna per la creazione del sé. In questo articolo proveremo a raccontarvela nuovamente, questa volta cercando di enfatizzare gli elementi principali legati al condizionamento sociale.

La favola dell’aquila che pensava di essere una gallina è antichissima e serve per insegnare, a grandi e piccini, l’importanza del contesto in cui si nasce e cresce, e di come le interazioni sociali contribuiscono a sviluppare la personalità in base all’esempio e all’emulazione. Si tratta di una storia sull’identità imperdibile.

Un piccolo aquilotto ferito

Questo racconto inizia in un luogo remoto, sui terreni di un umile allevatore di capre. Dopo un anno molto difficile, per colpa della siccità, il contadino era molto preoccupato. I suoi animali da pascolo non avevano sufficiente erba da brucare e ciò metteva a rischio la sua fattoria.

Dato che c’era una montagna vicina, il pastore decise di portare il suo gregge in prossimità della cima, dove il clima era più umido. La speranza era quella di trovare qualche prato verde su cui far pascolare le capre. Una mattina uscì molto presto dall’ovile e, per fortuna, questa scelta azzardata lo premiò. Gli animali pascolarono liberamente tutto il giorno. Sulla via del ritorno, però, l’uomo fu incuriosito da qualcosa che sporgeva da lontano.

Si trattava di un nido d’aquila, abbandonato, appoggiato tra le rocce e l’erba alta. Anche se odiava questi rapaci, perché spesso gli rubavano le galline, decise comunque di avvicinarsi, incuriosito.

Il nido era malridotto, come se fosse precipitato giù da una maggiore altezza, forse per le intemperie e il vento. L’uomo si accorse che al suo interno c’erano due pulcini. Uno, nonostante le terribili condizioni, era ancora vivo. Mosso dalla compassione, il contadino decise di prestare soccorso al piccolo aquilotto e lo portò via con sé, con l’intenzione di curarlo.

“La mia torcia che cancella la notte delle tue labbra libererà finalmente la tua essenza creativa.”

-Ernestina di Champourcín-

Vi raccontiamo una storia sull'identità

La nuova identità dell’aquila

Con dedicazione e pazienza, il pastore riuscì a guarire le ferite del pulcino. Gli diede da mangiare, lo protesse dal freddo e migliorò gradualmente. Dato che il pulcino era ancora troppo piccolo per volare via, decise di tenerlo con sé ancora per un po’. Nella sua mente, però, iniziò a pensare che forse non era una decisione giusta. Il pericolo era che, una volta sano e adulto, l’aquila potesse attaccare i suoi animali da cortile.

Quando ormai l’aquilotto fu completamente fuori pericolo e acquistò le dimensioni di esemplare quasi adulto, il pastore decise che era giunto il momento di lasciarlo andare. Questa storia sull’identità racconta che, una mattina, trasportò il volatile fino al luogo in cui l’aveva trovato, intenzionato a liberarlo.

Una volta sciolta, la giovane aquila iniziò a saltare, cercando di seguire l’uomo fino a casa. Impietosito da quella scena, il pastore decise di posticipare l’addio e fece ritorno alla fattoria con il suo amico pennuto sulla spalla. Per diversi giorni cercò di liberare l’aquila eppure, ogni volta, l’animale tornava da lui saltellando.

Questa dimostrazione di affetto e riconoscenza spinse l’uomo ad accettare l’aquilotto come uno dei tanti animali che aveva. Per farlo sentire a proprio agio, lo portò nel pollaio, dove avrebbe vissuto con le sue galline. Quando videro arrivare l’aquila, i polli si spaventarono moltissimo, ma presto si resero conto che era innocuo. E iniziarono a trattarlo come uno dei loro.

Uno strano visitatore

Con il passare del tempo, l’aquila iniziò a comportarsi come una vera e propria gallina. Imparò persino a chiocciare. Era anche timorosa e pignola, caratteristiche tipiche di questi animali. Alla fine, persino il pastore iniziò a trattarla come tale.

Un giorno, per casualità, un naturalista passò vicino alla fattoria e si stupì nello scorgere un volatile di quel tipo tra le galline. Sorpreso, si avvicinò e chiese al pastore di raccontargli a cosa si doveva quell’insolita convivenza.

Il contadino affermò che quanto accaduto sembrava strano anche a lui ma, in fin dei conti, l’aquilotto ormai era come una gallina: si comportava e agiva proprio come il resto.

Il naturalista si dimostrò molto scettico e volle vederci chiaro. Dal suo punto di vista, ogni animale possiede una propria identità, un’essenza: era impossibile che l’aquila avesse dimenticato la sua vera natura. Quindi chiese all’allevatore il permesso di verificare la sua teoria. Ricevuto il permesso dall’uomo, lo studioso realizzò alcuni test.

Un falco di profilo

Una storia sull’identità

Il naturalista offrì un pezzo di carne cruda all’aquila, ma quest’ultima la rifiutò. Da troppo tempo era abituata a mangiare piccoli vermi e mais. Sembrava che provasse persino disgusto verso quello strano cibo. Il secondo passo fu quello di spostare l’aquila in alto, e lanciarla dolcemente per vedere se fosse almeno in grado di prendere il volo.

Per sua sorpresa, l’aquila cadde rovinosamente a terra, come un sacco pesante. Dopo diversi giorni di riflessione, il naturalista alzò lo sguardo verso la cima della montagna e pensò di aver trovato la risposta a questo strano caso: era necessario andare sul luogo in cui era iniziato tutto. Spesso, la soluzione di un problema si nasconde nella sua origine.

Racconta la storia dell’identità che, il giorno dopo, l’uomo portò l’aquila tra le rocce su cui il pastore l’aveva trovata. Giuntovi, l’animale sembrava a disagio. Ma, forte delle sue idee, il naturalista attese con calma. Sentiva che in qualsiasi momento l’animale si sarebbe ricongiunto con la sua natura selvaggia.

Dopo un’intera notte ad aspettare, arrivò l’alba di un nuovo giorno. L’aquila sembrava ancora indecisa, non si sentiva sicura. Ciò che sembrava strano, inoltre, era un certo timore verso la luce del sole. Vedendo ciò, il naturalista la prese per la collottola e la costrinse a guardare il sole di fronte a lei.

Fu allora che l’aquila si liberò dalla sua presa e, infastidita, si ribellò alla violenza. Quindi, stese le ali e cominciò a volare via, lontano dal manto erboso, dall’uomo e dal pollaio.


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  • Revilla, J. C. (2003). Los anclajes de la identidad personal. Athenea digital: revista de pensamiento e investigación social, (4), 54-67.

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