Tár, un'epopea sull'abuso e l'autodistruzione

Tar ci presenta la storia della prima donna direttrice d'orchestra a Berlino. Si tratta di una figura brillante, enigmatica e manipolatrice. Il film ci mostra la parabola della sua drammatica "caduta" dal punto vi vista sociale di privilegiata in cui vive...
Tár, un'epopea sull'abuso e l'autodistruzione
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 11 marzo, 2024

Ci sono film in cui l’angoscia è invisibilmente impregnata nell’atmosfera, nella comunicazione non verbale e persino nel tic tac di un metronomo. Questi elementi configurano, in molti casi, i complessi strati psicologici dei protagonisti, le loro paure e persino le loro paranoie. Un esempio di ciò è l’ultima grande produzione dell’attore e regista Todd Field. Tár è un ritratto audiovisivo di una direttrice d’orchestra che conduce la sua esistenza quasi come un totem.

Il protagonista è all’apice della sua carriera ed è un chiaro esempio di come certe donne, lungi dall’infrangere il soffitto di cristallo, lo dissolvano con la loro personalità e il loro valore clamoroso. Ora, se c’è qualcosa che scopriamo, è che, a volte, dietro il “padrone” può abitare un “mostro”.

Questo è uno straordinario psicodramma che ricorda Kubrick e che è stato canditato con sei nomination all’Oscar. Molti la vedono come una parabola sul movimento #MeToo, altri l’essenza stessa della cancel culture. Eppure, il vero motore di questo film è la performance titanica di una Cate Blanchett in stato di grazia.

Non c’è limite ai diversi tipi di sensazioni che la musica può farci provare. E alcuni di quei sentimenti sono così speciali e così profondi che non possono nemmeno essere descritti a parole.

-Leonard Bernstein-

Tár è la storia di una direttrice d’orchestra lesbica che, a volte, mostra comportamenti violenti

Lydia Tár e la gloria meritocratica

Tár gioca con lo spettatore, è un enigma, un mistero da svelare e un caleidoscopio di luci e ombre. La prima parte del film si concentra quasi esclusivamente sul mostrarci com’è la sua protagonista, Lydia Tár. Assisteremo alla sua presentazione su un palco a Manhattan e vedremo anche come viene modificata la sua biografia su Wikipedia.

La sua introduzione è così degna di nota che lo spettatore ha l’improvviso bisogno di cercare su Google il suo nome. Assumiamo quasi inconsciamente di trovarci di fronte a un film biografico, quando non lo è. Il personaggio è assolutamente fantasioso, ma… perché non potrebbe esistere una come lei? Questo direttore principale della Filarmonica di Berlino è l’epitome della gloria meritocratica.

Ha il suo mentore in Leonard Bernstein, ha suonato in grandi orchestre come New York, Cleveland o Boston. Ha un dottorato ad Harvard, ha vinto un Emmy, un Grammy, un Oscar e persino un Tony. Ora sta per uscire il suo libro Tár on Tár. Il suo successo, la sua influenza sui media e persino il suo potere sono più che giustificati, ma a volte chi sta ai vertici vacilla…

Mondi claustrali e una personalità ermetica

Il film si svolge in grandi edifici con lunghi e luminosi corridoi bianchi e soffitti alti. Le stanze sono immense e in esse si svolgono i retroscena della politica musicale, dove Tár esercita un controllo assoluto. Tutto sembra freddo, modellato e dominato dal costante bisogno del protagonista di esercitare il controllo.

Durante quella prima parte assistiamo al suo viaggio di ritorno da New York a Berlino. Non ci vuole molto per intuire i suoi problemi personali, una storia affettiva che cerca di dimenticare e alcuni problemi emotivi tremanti che seda con psicofarmaci. Il suo assistente gli orbita intorno con la tristezza e il fascino di chi non può accedere o comprendere l’oggetto desiderato.

Lydia vive con Sharon, la prima violinista della Filarmonica di Berlino, e sua figlia Petra. La relazione emana un sottile risentimento, oltre a una certa tristezza che si camuffa con le routine che implica crescere la figlia e mantenere il proprio lavoro. La sua professione è il suo più grande scudo e il meccanismo che la nutre di più, dandole il potere di cui ha tanto bisogno.

Oggi la parola “diverso” è vista di buon occhio. La nostra età è quella degli specialisti. Ti guardano dall’alto in basso se provi a fare più di una cosa. Gli artisti sono incasellati. Aggressivamente.

-Lydia Tar-

catrame
Lydia Tár è abituata a esercitare il controllo in tutte le aree della sua vita, anche se presto percepiamo l’ombra delle sue ansie e paranoie

Il mostro dietro la perfezione estetica: Tár

Il film trasuda l’atmosfera psicologica delle produzioni di Kubrick. Nella seconda parte siamo soggetti a una strana sensazione di minaccia. Lydia Tár inizia a percepire intorno a sé il velo di qualcosa di malvagio, qualcosa che si sta avvicinando. Non è altro che il gelo di chi ascolta gli echi della propria coscienza, di chi sente che sta per accadere qualcosa di avverso.

Sente urla femminili in una foresta, il metronomo in armadi chiusi a chiave e pianoforti che suonano come i suoi. Questi eventi aumentano la tensione man mano che quel lato più oscuro del personaggio stesso ci viene gradualmente svelato. Diventa ossessionata da un giovane violoncellista che non esita a promuovere, mentre bandisce e respinge altre figure.

Poco scopriamo che questo è uno schema abituale in lei: usa le persone a suo capriccio e desiderio, le manipola nello stesso modo in cui dirige i musicisti nei loro concerti con la sua bacchetta, con passione, ma con violenza. Anche se il suo comportamento alla fine avrà conseguenze drammatiche. E quello sarà l’inizio della sua caduta.

Devi porti davanti al pubblico e davanti a Dio e renderti invisibile

-Lydia Tar-

Cultura della cancellazione o paradosso del movimento #MeToo?

Tár è la storia abbagliante di una donna che ha raggiunto una posizione privilegiata per i propri meriti, e che esce da quella sfera dorata. Ci viene insegnato che non è facile occupare un tale posto nella società, quando l’opinione pubblica è come un dio onnipotente che esalta e distrugge. Lo spettatore è libero di valutare se la condotta della protagonista meriti il successo ottenuto.

Siamo anche noi stessi a concludere se la condotta di un artista è più importante del suo stesso lavoro. La cultura della cancellazione è quel fenomeno che sempre più fagocita personaggi pubblici per commenti o comportamenti che, in un dato momento, interpretiamo come offensivi.

Questa è la colonna sonora autentica di questa produzione in cui ognuno può costruire la propria opinione e fare le proprie valutazioni. L’aspetto su cui siamo tutti d’accordo è la straordinaria performance di Cate Blanchett quando si tratta di dare vita a questa donna che ci affascina tanto quanto ci preoccupa.


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