Teoria glutammatergica della schizofrenia
La schizofrenia è un complesso disturbo che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale, costituendo una delle più importanti cause di invalidità cronica. Negli ultimi anni è stata correlata alle alterazioni della neurotrasmissione glutammatergica, sebbene il grado di questo legame non sia ancora stato ben definito. La teoria glutammatergica della schizofrenia ci offre dunque una nuova possibile causa e trattamento di questo disturbo mentale, là dove il protagonista diventa il meccanismo del glutammato.
Questa ipotesi ruota attorno a un’ipofunzione del neurotrasmettitore chiamato glutammato. Per comprendere meglio il funzionamento di questo neurotrasmettitore e il suo legame con la schizofrenia occorre però sapere come funziona e in cosa consiste questo disturbo. Vediamo in questo articolo cos’è esattamente la teoria glutammatergica della schizofrenia.
L’eccesso di glutammato agisce su diversi recettori, attivando processi di carattere neurotossico.
Cos’è il glutammato?
Il glutammato è uno dei principali neurotrasmettitori del sistema nervoso. È responsabile dell’80% dell’energia consumata dal nostro cervello. Inoltre, partecipa ad alcuni processi metabolici, di produzione di antiossidanti, del sistema motorio e sensoriale, emotivi e comportamentali.
Questo neurotrasmettitore agisce mediando le risposte eccitanti e intervenendo nei processi di neuroplasticità, ossia la capacità del nostro cervello di adattarsi a seguito delle esperienze vissute. Interviene anche nei processi di apprendimento e lavora congiuntamente ad altri neurotrasmettitori come il GABA (di cui è precursore) e la dopamina.
Quando il glutammato viene secreto dalle vescicole sinaptiche, attiva degli impulsi che vengono poi inibiti dal GABA, che funge quindi da antagonista del glutammato.
Interviene anche nell’ambito dell’informazione cognitiva, della memoria, delle informazioni motorie, sensoriali ed emotive. Vista la sua importanza a livello cognitivo e comportamentale, gli studiosi si sono soffermati sulla sua possibile relazione con la schizofrenia.
Cos’è la schizofrenia?
Con schizofrenia si intende un disturbo mentale grave che influisce enormemente sulla qualità di vita della persona. Secondo l’attuale Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, causa i seguenti sintomi:
- Allucinazioni. Percezioni a livello visivo o auditivo che non si verificano davvero.
- Deliri. Riguardano la certezza del soggetto su qualcosa infondata, come un giudizio o una falsa convinzione.
- Linguaggio sconnesso. L’uso confuso del linguaggio, per esempio imbrogliarsi di frequente o dire frasi incoerenti.
- Sintomi negativi. Fanno riferimento all’abulia (mancanza di energia per muoversi) o alla ridotta espressione emotiva.
- Comportamento disorganizzato o catatonico.
Per poter diagnosticare la schizofrenia, devono presentarsi almeno due dei sintomi elencati, per la durata di un mese o meno se si è ricevuto il trattamento adeguato. Devono altresì persistere continui segni continui di alterazione per almeno sei mesi, oltre a prodursi il degrado di uno o più ambiti fondamentali per l’individuo (lavoro, relazioni o cura personale).
Il disturbo viene escluso se i sintomi elencati sono dati dal consumo di una sostanza. Nel caso in cui l’individuo ha già dei precedenti in quanto a disturbi dello spettro autistico, la schizofrenia viene diagnostica solo se le allucinazioni e i deliri sono gravi.
Origine della teoria glutammatergica
La teoria glutammatergica è nata nel tentativo di trovare una causa esatta alla schizofrenia; essa era già stata sostenuta da altri approcci rivelatesi, però, insufficienti a spiegarne il meccanismo.
Inizialmente si credeva che la schizofrenia dipendesse da un problema legato alla dopamina. In seguito i ricercatori si sono accorti dell’importante ruolo del glutammato, oltre a quello della dopamina. È stata quindi proposta la teoria glutammatergica, che ipotizza che la schizofrenia dipenda da un’ipofunzione del glutammato nelle interazioni corticali. In altre parole, una riduzione della normale funzione di questo neurotrasmettitore nella regione corticale del cervello.
Ebbene, la teoria glutammatergica della schizofrenia non esclude l’ipotesi dopaminergica, anzi, la completa. Sostiene, infatti, che in caso di ipofunzione del glutammato, si verifica un aumento di dopamina.
I neuroni del glutammato generano impulsi che vengono poi inibiti dall’acido y-amminobutirrico (GABA), che previene così l’iperattivazione e l’eccesso di glutammato. Questo processo previene la morte neuronale e nei casi di schizofrenia è alterato.
Recettori che intervengono secondo la teoria glutammatergica
Come già accennato, la teoria glutammatergica è associata a una disfunzione dei recettori glutammatergici, che in caso di schizofrenia generano una minore attività corticale causando determinati sintomi. In altre parole, quando i recettori glutammatergici non svolgono la loro funzione, si presenta la schizofrenia.
L’importanza di questi recettori è stata scoperta a seguito della somministrazione per via intravenosa di sostanze volte a bloccarli, causando sintomi cognitivi e comportamentali simili a quelli della schizofrenia.
I recettori del glutammato studiati in relazione alla schizofrenia sono i seguenti:
- Ionotropici: interagiscono con ioni come il calcio o il magnesio. Ad esempio, i recettori NMDA, AMPA e del kainato. Sono caratterizzati da una trasmissione rapida.
- Metabotropici: recettori che si uniscono alle proteine G e sono a trasmissione lenta.
Occorre sottolineare che sebbene esistano dati che convalidano la teoria, ve ne sono altri contraddittori. I recettori ionotropici maggiormente studiati e che mostrano i risultati migliori sono i NMDA. Anche i recettori AMPA e del kainato sono stati studiati, ma con risultati non convalidati.
Quando i recettori NMDA funzionano male, provocano la morte neuronale e di conseguenza le disfunzioni comportamentali tipiche della schizofrenia. In quanto ai recettori AMPA e del kainato, occorrono dati consistenti da parte di autori diversi affinché i dati possano essere considerati rilevanti.
I recettori metabotropici sono invece associati alla protezione neuronale. Una loro alterazione compromette l’attività del glutammato, provocando così i problemi comportamentali tipici della schizofrenia.
Possibilità terapeutiche a partire dalla teoria glutammatergica
A partire dalla teoria glutammatergica sono state create sostanze farmacologiche che cercano di imitare la funzione dei recettori del glutammato. A quanto pare, i risultati ottenuti a livello sperimentale sono stati buoni.
Ciò non significa che il trattamento sia efficace o che il processo sia semplice. Non è facile controllare l’attivazione dei recettori, e l’iperattivazione degli stessi potrebbe essere nociva. Inoltre, poiché gli studi si sono concentrati sui sintomi generali e non specifici, la maggior parte dei quali su cavie, non è possibile stabilire la relazione esatta tra un sintomo e la localizzazione cerebrale nell’essere umano.
La teoria glutammatergica rappresenta un grande progresso scientifico, ma è bene ricordare che la schizofrenia è dovuta non solo a fattori biologici, ma anche ambientali. L’obiettivo è che in futuro la ricerca continui a combinare aspetti diversi per comprendere al meglio l’origine di questo disturbo.