Tre ferite che non chiuderete mai e l'amore che non è stato
Ci sono amori destinati a non essere, ad avere un inizio e una fine. Sono come i temporali estivi pieni di emozioni intense, di pioggia rinfrescante che dà sollievo dal caldo intenso, una sete non saziata… Tuttavia, quando le nubi se ne vanno via lontane dall’umidità di un campo in cui può di nuovo rifiorire la natura, si apre una terra sterile e fratturata da crepe. Una terra dove non crescerà nulla per molto tempo.
Ci sono amori che passano come un vento leggero, altri si chiudono con una distanza serena e piacevole, di comune accordo, ma ce ne sono altri che lasciano vuoti dolorosi che ci feriscono dentro e che ci cambiano.
Oggi parliamo di quest’ultimi, analizziamo gli “effetti collaterali” che possono lasciare alcune delle relazioni affettive come conseguenze, e che meritano di essere presi in considerazione per riflettere.
1. È vero che impariamo da ogni insuccesso emotivo?
L’abbiamo letto e ascoltato molto spesso. Non c’è miglior maestro del dolore, non c’è migliore apprendimento del dolore in alcuni momenti della vita per poter poi avanzare con maggiore sicurezza, sapendo che cosa è la vita, capendo un po’ meglio le persone.
Infatti, siamo d’accordo, nonostante ci sia un aspetto da dover puntualizzare: non tutte le persone acquisiscono un “apprendimento positivo”, non tutti riescono a comprenderlo così. Dopo una rottura, dopo il disinganno, c’è bisogno di tempo per poter tornare ad alzare lo sguardo verso il mondo con sicurezza, è necessario passare per un “lutto”, per un processo interiore in cui “ricostruirsi da dentro”.
Che cosa succede in molti casi? Lungi dall’uscirne più forti, ne usciamo con dei postumi. Quando qualcuno ci fa del male impariamo ad armarci di una corazza, quando ci mente, impariamo a diffidare, quando tappa le nostre ali per la crescita personale, evitiamo di aprirci ad altre persone.
Dunque, traiamo un insegnamento da quell’amore che non è stato? Certo che lo facciamo, ma non è sempre positivo, per questo bisogna prendere molto in considerazione il modo in cui torniamo a “riaggiustare” la nostra realtà.
Non lasciatevi trascinare da tutte queste cognizioni negative, agite sempre con resilienza per aprire la porta a nuove opportunità.
2. La perdita dell’innocenza
Perdere l’innocenza è perdere parte di quell’illusione sincera e libera da pregiudizi verso gli altri, verso nuove relazioni alle quali aprirci con pienezza ed emozione. Dopo un insuccesso affettivo e la perdita di quell’amore in cui concentravamo tantissime speranze, una parte di noi invecchia irrimediabilmente.
E poche cose possono essere più scoraggianti che permettere che la nostra parte interiore invecchi, lasciando così apparire schegge nel nostro cuore, quelle crepe e quella terra infertile dove non cresce nulla. Lì dove ora vagherà una grande amarezza, dove ci sarà molto difficile tornare a ricevere l’amore con l’illusione di prima.
È bene essere cauti e prudenti, non c’è dubbio, ma se perdiamo del tutto l’innocenza lasceremo andare via quel “bambino interiore” e la sua spontaneità, quella freschezza innata in cui le cose e le relazioni si vivono con maggiore intensità.
3. Vuoti eterni
Gli amori che non sono mai stati sono vuoti senza forma abitati da illusioni perse e disinganni. Dal tempo perso ma costantemente ricordato ed evocato. Si può recuperare se stessi, addirittura iniziare nuove relazioni e progetti di vita.
La felicità torna sempre con meravigliosi secondi tempi che tutti meritiamo di avere, ma ci sarà qualcosa che si nasconderà ogni giorno della nostra vita in un angolo del nostro cuore e della nostra memoria: si tratta dei vuoti. Sono come quei cammini che una volta scelti credendo che da lì si sarebbero sviluppati innumerevoli progetti di cui si era sognato, bisogna poi però abbandonare perché non si ha altro rimedio che cambiare direzione in maniera tanto drastica quanto dolorosa.
E nel nostro cervello ci sarà sempre quel sentiero impossibile che fa parte di noi e di ciò che siamo. È come una vita parallela, quella reale e i ricordi che non possiamo cancellare, ma che in fondo fa parte di ciò che siamo.
I vuoti rimarranno sempre lì, e in quanto tali dobbiamo accettarli. Sono quelle ferite che non si cicatrizzano ma con cui dobbiamo imparare a convivere, integrandole, accettandole, ma evitando che diventino “buchi neri”.
Lasciate che siano vuoti da cui penetra un vento soave e profumato da rimembrare di tanto in tanto, ma solo per qualche secondo. In seguito avanzate nell’hic et nunc, in cui, senza ombra di dubbio, si inscrive la vera felicità.