Bassa autostima e autosabotaggio
Bassa autostima e autosabotaggio danno vita a un mostro a due teste in grado di divorare l’intero potenziale umano, i suoi meriti e la sua integrità personale.
La mancanza di fiducia in se stessi e l’insicurezza ci accompagnano spesso sotto forma di una voce che, con tono malvagio, ci ricorda continuamente che potremmo fallire, che non siamo capaci di nulla, che ogni speranza è vana.
Se potessimo dare voce ai pensieri di almeno il 50% delle persone che incontriamo tutti i giorni, scopriremmo un aspetto interessante e sorprendente al tempo stesso: nella loro mente c’è spazio per i pensieri limitanti, per le autovalutazioni negative e autocritiche. In un certo senso, tutti agiamo da nemici di noi stessi durante la nostra giornata.
L’autosabotaggio è piuttosto comune, e possiamo aprire la porta a questo coinquilino fastidioso di tanto in tanto. Tuttavia, il problema nasce quando gli conferiamo un potere eccessivo e diamo un posto fisso nelle nostre vite a quella voce sconfortante.
Nessuno merita un’esistenza in cui ergersi a peggiore nemico di se stesso e il fatto che sia così si deve fondamentalmente alla bassa autostima trascurata e abbondantemente dimenticata.
Possiamo ottenere l’approvazione degli altri, se agiamo bene e ci mettiamo d’impegno nello scopo; ma la nostra stessa approvazione vale mille volte di più.-Mark Twain-
Bassa autostima e autosabotaggio: quando ci sottovalutiamo per anni
Sappiamo che bassa autostima e autosabotaggio hanno un rapporto profondo. Ma cosa viene prima? Sottovalutare la propria persona o quel dialogo interiore negativo che logora giorno dopo giorno la nostra autostima?
In realtà non possiamo separare le due cose, perché sono un tutt’uno; un tutto che risponde a un approccio mentale incentrato sul fallimento, sull’insicurezza e sulla mancanza di autostima.
Ed ecco che qualcuno potrebbe dire a quell’amica o a quel collega di lavoro, spinto da tutte le buone intenzioni, “devi amarti di più, devi prenderti cura della tua autostima”. Eppure, molto probabilmente l’altra persona non riuscirà a percepire se stessa in modo diverso.
Può darsi che quella bassa autostima sia presente sin dall’infanzia, che dia forma a un approccio, uno schema mentale difficile da far crollare, in cui l’attribuzione negativa e l’autosabotaggio sono cronicizzati.
Uno studio dell’Università canadese di Vancouver, condotto dalla dottoressa Jennifer Campbell, rivela un aspetto interessante: l’autostima chiarisce l’autoconcetto. Stimolare sin dalla più tenera età un’autostima sana ci aiuterà a dare forma a una personalità resistente e a risorse più valide.
Al contrario, se già dai primi anni sentiamo il peso eccessivo di paure, insicurezze, timori, di non sentirsi all’altezza delle aspettative altrui, sarà difficile cambiare questo approccio da un giorno all’altro. Senza dubbio, c’è bisogno di un lavoro complesso.
C’è un “trojan” nei pensieri che va eliminato
Quando bassa autostima e autosabotaggio diventano eterne compagne delle nostre vite, dobbiamo prendere consapevolezza di un fatto: ci sono “trojan” o virus all’interno del nostro schema di pensiero.
Si tratta di codici di pensiero che si infiltrano nella nostra mente a uno scopo ben preciso: interferire con i nostri progetti, distruggere i nostri sogni, trasformarci in qualcuno che non ci piace.
- Non date la colpa alla vostra educazione o a ciò che vi hanno detto altre persone o che vi hanno fatto credere su di voi. Siamo noi a costruire la nostra autostima, nient’altro che noi: dipende da come parliamo a noi stessi, da come interpretiamo ogni esperienza, ogni evento intorno a noi.
- Eliminate questi trojan ripulendo il vostro dialogo interiore. Eliminate i “non posso”, “andrà male”, “non valgo niente”, i “cosa penseranno di me? Di sicuro fallirò”. Non sminuitevi in quanto esseri umani: se vi trovate in una certa fase è per un motivo, quindi fate chiarezza sui vostri obiettivi, sulle vostre intenzioni, sulle vostre ragioni di vita.
Anche non fare niente è una forma di autosabotaggio. Muoversi è essenziale
Quando parliamo di autosabotaggio, visualizziamo subito qualcuno che pensa cose negative di sé. Ora, dobbiamo tenere a mente che l’autosabotaggio è un prisma multisfaccettato.
Una di queste facce -nonché forse una delle più importanti- è la procrastinazione, non reagire a qualcosa che fa male, che preoccupa o mi spaventa. Abbandonare i progetti per paura di fallire o non osare, ecc.. anche questo finisce per minare l’autostima.
Se vogliamo davvero cambiare e rafforzare la percezione positiva di noi stessi, dobbiamo fare un uso intelligente delle nostre forze.
Essere proattivi, portare a termine quanto iniziato, impegnarsi e trovare il modo per godersi il percorso; ciò infonde grande soddisfazione.
Allenare il senso di responsabilità contro bassa autostima e autosabotaggio
Per sconfiggere la bassa autostima e la tendenza all’autosabotaggio abbiamo bisogno di grandi dosi di responsabilità verso noi stessi. Nessun altro lo farà al nostro posto.
Inoltre, nella nostra vita quotidiana succederanno sempre cose che ci metteranno alla prova, che richiederanno la nostra capacità di reagire, di adattarci e di rispondere. Farlo nel migliore dei modi è nostro dovere.
Per costruire una forte autostima, non basta amarsi tanto: è anche necessaria una storia di vita che integri quegli spigoli (errori, traumi, delusioni, ecc) e accetti dissonanze e contraddizioni.
Allo stesso modo, è fondamentale imparare a essere indulgenti verso se stessi, in modo da poter tollerare gli errori, ma anche essere abbastanza esigenti da migliorarsi tutti i giorni.
L’autosabotaggio è l’eco di una voce che non ci vuole bene e della quale, dunque, dobbiamo liberarci prima possibile. La vita è già abbastanza complicata di suo, non c’è bisogno di convivere con qualcuno che nel nostro mondo interiore ama sminuirci.
Un lavoro simile richiede tempo e costanza, un profondo impegno da allenare tutti i giorni, senza sé e senza ma. Teniamolo sempre a mente.
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- Campbell, J. D. (1990). Self-Esteem and Clarity of the Self-Concept. Journal of Personality and Social Psychology, 59(3), 538–549. https://doi.org/10.1037/0022-3514.59.3.538