Bohemian Rhapsody, la musica dà senso alle nostre vite
Si è scritto molto su Bohemian Rhapsody, le opinioni sono tra le più disparate e in molti hanno segnalato che alcuni aspetti della vita di Freddie Mercury sono stati affrontati superficialmente o addirittura edulcorati.
La verità è che il mondo della musica, e in particolare quello del rock, sono da sempre associati agli eccessi e alle droghe. Abbiamo alimentato tutti la figura della rock star circondata dagli eccessi; abbiamo considerato queste star come dei geni incompresi, cupi, che amavano passare il tempo invischiati tra orge, alcool e ogni tipo di droga.
Sembra impossibile spezzare il legame tra le rock star e gli eccessi, sebbene ci siano sempre delle eccezioni; alcune di loro, come Bruce Springsteen, se ne sono tenute alla larga. Indubbiamente, però, pensare al rock ci rimanda al sesso sfrenato, ai party folli e stravaganti.
Forse è proprio quello che alcuni si aspettavano all’uscita di Bohemian Rhapsody. Allo stesso modo, si attendeva un approccio più approfondito nei confronti della malattia di Mercury: l’HIV. Non vengono messe in scena le conseguenze fisiche ed emotive della patologia, come la perdita di un un piede e la sofferenza.
A questo punto, è lecito chiedersi se la pellicola debba essere considerata un biopic su Freddie o sui Queen; e l’unica risposta possibile è che si tratta di un biopic sul gruppo britannico. È vero che la maggior parte delle scene sono concentrate sul cantante, ma è anche vero che è stata la figura più riconoscibile del gruppo.
La sua voce spettacolare, il suo entrare in sintonia con il pubblico, le sue stravaganze e la sua morte prematura inducono a evocarne il genio e il talento. Non sorprende affatto, quindi, che sia lui l’anima del film.
Bohemian Rhapsody: ben oltre Freddie
Se quello che vogliamo è un film totalmente fedele e dettagliato sulla vita di Freddie Mercury, allora, forse è meglio non guardare Bohemian Rhapsody. Come ogni adattamento, parte da una storia vera per poi allontanarsene.
Non bisogna dimenticare che il cinema, per quanto possa essere fedele alla realtà, non smette di essere narrazione, una creazione artistica che, al contempo, è profondamente limitata dal tempo. Per tale ragione, la cronologia dei fatti viene affidata un po’ all’immaginazione e si abbonda in libertà creative. Tutto questo può tradursi in un grande successo o in una totale catastrofe.
Tralasciando le questioni cinematografiche, si tratta di un film che nasce in un momento assolutamente necessario. La musica, come tutte le arti, è in costante evoluzione fin dalla sua nascita. Molti artisti vengono rivalutati nel corso degli anni, mentre altri cadono nell’oblio. E, alla fine, a sopravvivere sono i classici; le opere che per un qualsiasi motivo hanno segnato una tappa importante.
«La musica esprime ciò che è impossibile da dire e su cui è impossibile tacere.»
-Victor Hugo-
Negli ultimi anni la musica si è trasformata in un oggetto di consumo; la quantità conta più della qualità, un brano uscito l’anno prima è già vecchio. I giovani d’oggi conoscono Freddie Mercury? Trattandosi di una figura così popolare, si potrebbe pensare che sia così; tuttavia, la realtà è alquanto diversa. E se proviamo a chiedere a qualcuno di loro, posiamo già immaginare che la risposta, nella maggior parte dei casi, sarà negativa.
Bohemian Rhapsody è un inno alla musica, a quel tipo di musica che non aveva come protagonista l’autotune e nella quale la creatività dell’artista era fondamentale (purché il produttore fosse d’accordo).
L’immagine diabolica delle case discografiche è presente anche nel film, la società dei consumi prendeva sempre più piede e nessuno era interessato all’opera, tanto meno a una canzone che superasse i 3 minuti. Contro ogni previsione, i Queen sono riusciti a incantare un pubblico eterogeneo, dimostrando che la qualità non necessariamente si contrappone alle ragioni di mercato.
La musica come filo conduttore
La musica è una disciplina che, se la si capisce, se si sa come funziona, può essere goduta a livelli difficili da spiegare. Tuttavia, anche chi non se ne intende troppo può apprezzarla. La musica ha la capacità di trasmettere emozioni, sensazioni e di evocare ricordi.
A seconda dello stato emotivo o del momento della giornata, siamo più predisposti ad ascoltare un certo stile piuttosto che un altro. Quando assistiamo a un concerto, le sensazioni si moltiplicano e, di fronte a un gruppo come i Queen, deve essere stata un’esperienza a se stante.
In questi ultimi anni, si afferma sempre di più una certa standardizzazione, non si premia l’innovazione, bensì la vendita. Sicuramente non si tratta di una dinamica nuova, ma è nettamente in aumento. La musica non ha confini… Ed è qualcosa che vediamo in modo chiaro in una scena in cui Freddie mostra a Mary il video di un concerto a Rio de Janeiro.
Esprime la sua incertezza all’idea di suonare davanti a un pubblico che non capisce i suoi testi, ma resta sorpreso quando scopre che il pubblico canta Love of my life. Perché il linguaggio della musica va ben oltre le parole e spesso non è necessario capire il testo di una canzone perché venga recepita.
In un’epoca nella quale sembra che tutto quanto considerato vecchio venga chiuso in un baule polveroso, Bohemian Rhapsody riscatta il fiume di emozioni della musica. Ci invita a cantare, a ballare, a celebrare la vita, senza pensare troppo, dimenticandoci dei problemi.
Ecco perché non c’è posto per la tragedia; la musica crea unità, ci emoziona… Ed è proprio quello che proviamo quando guardiamo il film, nel quale spiccano Malek e il Live Aid.
L’amore
Bohemian Rhapsody è amore per la musica, per l’arte; ma anche amore per le differenze, per la famiglia e gli amici. L’unità del gruppo, le discussioni, le differenze e la famiglia sono presenti lungo tutto il film.
Non viene tralasciata neanche la singolare relazione tra Freddie Mercury e Mary Austin (né quella con i gatti), principale erede della fortuna del musicista e una delle persone più importanti della sua vita.
Proveniente da una famiglia dalle tradizioni ben radicate, in contrasto con lo stile di vita britannico del tempo, Mercury adotta una nuova identità, svincolandosi da quella precedente. Tuttavia, verso la fine del film assistiamo a un momento molto toccante; la riconciliazione con il padre e l’accettazione delle differenze.
L’omosessualità
L’omosessualità del cantante è trattata con naturalezza, sebbene si dia risalto a una stampa predatoria, più interessata a sapere con chi chi va a letto Freddie piuttosto che alla sua musica.
Il mondo omosessuale viene mostrato come torbido, nascosto nei bar, nelle zone più buie della città… E purtroppo, non è cambiato molto. Non normativo, fortemente perseguitato e duramente criticato, è stato in un certo senso escluso, relegato in luoghi nei quali, oltre a rimanere nell’ombra, tende a cadere nella promiscuità o nelle pratiche meno sane. La conferenza stampa del film è decisamente eloquente, si vede un Mercury sconvolto e determinato a non rivelare il suo orientamento sessuale.
Il film ci offre anche l’opportunità di godere di alcuni dei concerti più belli come il Live Aid, per chi come noi, non lo ha potuto vedere al tempo. È stata anche una scoperta per le nuove generazioni, considerato il numero di riproduzioni ottenute dalla band inglese dopo l’uscita del film.
Senza dimenticare la nomination all’Oscar 2019 per l’eccezionale interpretazione di Rami Malek nei panni di Freddie Mercury. Bohemian Rhapsody non è un film che fa pensare, ma un film per celebrare la vita e, soprattutto la musica e tutto ciò che evoca.
«La vita senza la musica sarebbe un errore».
-F. Nietzsche-