Ciclo dell'abitudine: quanto ci limita?
Il ciclo dell’abitudine è una trappola. All’inizio ci accoglie in un caldo abbraccio confortevole, ma alla lunga ci stringe in una morsa che limita i nostri movimenti. Con il tempo si impara anche a bilanciare i danni che provoca con i benefici che offre. Ma si rimane fermi, a tempo indeterminato.
Il cervello umano è un organo favoloso, progettato principalmente per creare. A sua volta, la creazione è, in sostanza, il percorso utilizzato dall’intelligenza per risolvere i problemi. Le facoltà cognitive e il mondo emotivo raggiungono il loro apice quando si deve affrontare una difficoltà.
“Le abitudini sono come una fune. Ne intrecciamo un trefolo ogni giorno e ben presto non riusciamo più a spezzarla.”
-Horace Mann-
L’abitudine è un modo per definire il terreno dell’esperienza. Una delle funzioni della routine è quella di ridurre la gamma di difficoltà quotidiane da affrontare. Ma ciò impedisce in larga misura di pensare e di sentire; ci muoviamo guidati dall’inerzia.
Non dover pensare a ogni singola cosa da fare è indubbiamente positivo, ma quando si arriva al punto in cui tutto è già deciso in anticipo… prima sopraggiunge la noia, poi la depressione.
Il cervello umano è progettato per il cambiamento, per le novità ed evitare ciò provoca conseguenze a livello cognitivo ed emotivo. Ma come facciamo a sapere se siamo preda del ciclo dell’abitudine? Fate attenzione ai seguenti segnali.
Ciclo dell’abitudine: quanto ci limita?
Dedicarsi più alle urgenze che alle cose importanti
Definiamo “urgente” tutto quello che rappresenta un dovere. L’abitudine ci porta a caricarci di doveri, ma questi sono quasi sempre legati più al soddisfacimento di altri, che non di noi stessi. Ed è proprio questo che di solito ci spinge ad agire. Rientrano nei doveri le mansioni lavorative, accademiche, familiari, emotive, ideologiche, ecc.
Quello che è importante, al contrario, riguarda tutto quello che determina davvero il nostro benessere e la sensazione di condurre una vita soddisfacente. Trascorrere del tempo di qualità con le persone che amiamo, ad esempio; oppure la riflessione che dobbiamo a noi stessi riguardo a un sentimento che ci preoccupa e non sappiamo perché. Per questo, alla fine, non abbiamo mai tempo.
Pensare di doversi accontentare
Quando si è intrappolati nel ciclo dell’abitudine, si percepisce un disagio interiore. Sebbene la routine ci porti a organizzare e a decidere tutto in anticipo, proviamo un certo fastidio per questo.
Nonostante ciò, ci preoccupiamo di mettere a tacere quella voce che ci ripete che qualcosa non va. Spesso finiamo per risponderci “le cose sono così” e che dobbiamo accontentarci. Alimentiamo il conformismo, nascondendoci in idee e premesse (come la maturità) che non sempre sono così ragionevoli come appaiono.
Un effetto del ciclo dell’abitudine: la paura del rischio
Uno degli effetti più dannosi dell’abitudine è che poco alla volta ci rende sempre più paurosi. Senza rendercene conto, finiamo per provare paura per tutto quello che non ci è familiare o che richiede un qualche tipo di cambiamento o novità.
L’automatismo prende il sopravvento. Ogni volta che affrontiamo qualcosa di nuovo, si attivano degli allarmi come se stessimo affrontando una minaccia. Non affrontiamo più il cambiamento con entusiasmo e curiosità, bensì con pregiudizio e paura. Perdiamo l’apertura nei confronti del diverso.
Procrastinare a tempo indefinito
Nel ciclo dell’abitudine c’è anche spazio per desiderare qualcosa di diverso. Ci troviamo a pensare che, forse, potremo raggiungere un dato obiettivo o sentirci più soddisfatti se facessimo questo piuttosto che quello. Se ci armassimo del coraggio necessario per intraprendere una qualsiasi attività o anche solo per cambiare.
Il problema è che spesso chiudiamo tutti questi sogni e progetti in un cassetto. Lì devono attendere condizioni più favorevoli, il presentarsi di un’opportunità, o che vengano soddisfatte determinate condizioni, ecc. Ma sappiamo bene, che è molto più probabile che vi restino chiusi per sempre.
La costante mancanza di interesse
Uno dei segnali più chiari dell’essere imprigionati nel ciclo dell’abitudine è la noia. Si manifesta come una sensazione di disinteresse verso tutto. Nulla ci appassiona a sufficienza e non proviamo eccitazione per qualcosa in particolare.
Non vibriamo di fronte alla vita; prevalgono le emozioni piatte. Senza esserne pienamente consapevoli, iniziamo a vivere come se stessimo “sprecando tempo”. Finiamo per assumere questo stato come se fosse qualcosa di naturale e logico, mentre non lo è affatto.
La forza dell’abitudine è davvero potente. Di per sé non è negativa, in quanto contribuisce a donarci stabilità. Ma quando prende il sopravvento su tutto, si trasforma in una rete che ci cattura e ci soffoca. Non dovremmo mai arrenderci a essa. Dei piccoli cambiamenti, come prendere una strada diversa o mangiare qualcosa di nuovo possono essere un buon modo per iniziare a uscire da questa prigione.
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Anzoátegui, V. T. (2001). El poder de la costumbre. Estudios sobre el derecho consuetudinario en América hispana hasta la emancipación. Buenos Aires: Instituto de Investigaciones de Historia del derecho.