Ed Kemper, l'assassino di studentesse
Ed Kemper, conosciuto come il “killer delle studentesse”, provava un odio estremo per la madre, a causa del quale commise una serie di omicidi. Umiliato, disprezzato e abbandonato dalla madre, non riuscì mai a perdonarla.
Alto più di due metri e con un coefficiente intellettivo di 145, questo serial killer organizzato si fece ricordare per la sua minuziosità. Venne finalmente arrestato quando egli stesso decise di confessare molto dettagliatamente i suoi omicidi.
Infanzia di Ed Kemper
Quando era solo un adolescente, Edmund Emil Kemper III, il vero nome del serial killer Ed Kemper, uccise a colpi di pistola i nonni, Tuttavia, quella rabbia e quell’esplosione di violenza non furono una novità, poiché aveva mostrato la sua natura sadica e crudele già in giovane età.
Certamente il suo comportamento anomalo aveva un’origine, secondo quanto avrebbe rivelato da adulto. Parlò del disprezzo e dei maltrattamenti subiti dalla madre Clarnell, che gli impartì una stretta educazione, nella quale il sesso era visto come un peccato.
Sua madre temeva che Ed potesse abusare delle sorelle, per questo lo obbligò a dormire da solo nello scantinato dell’abitazione di famiglia. Questa tendenza al rifiuto, così come allo sviluppo di una patologia psicologica, infusero in Ed rancore nei confronti delle donne. L’origine di questo rancore era la madre.
A scuola non si trovava bene, e la sua altezza gigantesca ne era, in parte, responsabile. A causa delle difficoltà di adattamento, suo padre, che come sua madre non voleva occuparsi di lui, decise di portare Ed dai nonni nella loro fattoria, perché lo aiutassero.
Lì Ed trovò la stessa situazione; maltrattamenti e umiliazioni e dopo un presunto scatto d’ira, tolse la vita ai nonni. Quando lo sceriffo gli chiese il motivo, la sua risposta fu: “mi chiedevo cosa avrei provato uccidendo mia nonna”.
Vita adulta
Dopo un’analisi psicologica, gli venne diagnosticata la schizofrenia paranoide, per la quale venne recluso nell’Ospedale di Stato, specializzato in aggressori sessuali e criminali con disturbi psicologici. Nel 1969, a 21 anni e con più di due metri di altezza, 130 chili di peso e un coefficiente intellettivo di 145, Ed ottenne infine la libertà.
Commise il terzo assassinio nel 1972, dopo una lunga discussione con la madre. Prese la macchina e si offrì di accompagnare all’Università di Stanford due studentesse, Mary Ann Pesce e Anita Luchessa.
Ed prese una strada secondaria e le portò in un luogo appartato e solitario. Le accoltellò e poi trasportò i loro cadaveri in un appartamento, dove scattò delle foto per conservarle come ricordo. Successivamente, profanò i loro cadaveri e dopo averli smembrati, li interrò da qualche parte nella montagna più alta di Santa Cruz. Come confesserà in seguitò, visitò il luogo e la tomba in varie occasioni.
Ondata di omicidi
Per Ed Kemper, la morte e il sesso erano collegati. Non aveva ricevuto un’educazione adeguata e a questo si sommavano gravi disturbi psicologici. La sua ossessione in quel momento era solo una: portare con sé autostoppiste.
Le vittime erano sempre studentesse della zona. A differenza di Ted Bundy, inizialmente provocava rifiuto; ricordiamo la sua altezza gigantesca, uno stile hippie con capelli corti, baffi lunghi, ma era gentile ed educato, perché non fidarsi di lui?
Cercava le sue vittime alla guida. Ma la sua macchina aveva una tecnologia speciale, aveva una maniglia di sicurezza che impediva alla vittima di uscire dalla portiera.
Si stima che durante gli anni 1970 e 1971, abbia portato nella sua macchina oltre 150 autostoppiste. Catalogato come killer organizzato e meticoloso, cambiò man mano il suo modus operandi, e ciò rese più difficile la sua cattura.
Inoltre, aveva perfezionato il modo per poter condurre una doppia vita, aveva ottenuto un lavoro come guardalinee e affittato una casa in un sobborgo di San Francisco, riuscendo così ad allontanarsi dalla madre.
Aveva anche avuto degli incontri con alcuni periti per valutare il suo stato mentale, e finse una tale lucidità che i professionisti concordarono nel dire che Ed non rappresentava più una minaccia né per se stesso né per gli altri. Si trattò di un enorme inganno, perché proprio quel giorno dentro il bagagliaio della sua macchina portava la testa di una delle sue vittime.
Ma Ed sapeva che non aveva “avverato il suo grande desiderio”: togliere la vita alla madre, che disprezzava. Era cosciente che la sua doppia vita si era appena sgretolata, così decise di chiamare un’amica della madre e le chiese di andare a casa, e poi le riservò lo stesso destino.
La fine di Ed Kemper
Ed telefonò subito al commissariato e confessò gli omicidi. Quando venne arrestato, descrisse nei minimi dettagli tutti gli omicidi che aveva commesso durante quegli anni, perché aveva una memoria straordinaria. Dava la colpa alla madre, e per questo, dopo aver avverato il suo desiderio, decise di consegnarsi alla polizia.
L’8 novembre 1973, lo Stato della California lo condannò all’ergastolo. Durante il suo processo, arrivò a chiedere la pena di morte, che non poté essere applicata poiché in quel momento era sospesa.
Dopo aver rinunciato al suo diritto di richiedere la libertà condizionale, divenne un recluso esemplare. In varie occasioni accettò di essere intervistato dagli investigatori, fra cui Robert Ressler, criminologo e agente dell’FBI.
Durante una conversazione negli anni settanta, il registratore di Ressler registrò le seguenti parole pronunciate da Ed: “Se fossi nella società, non avrei fiducia in me”.
Immagine principale del personaggio Ed Kemper nella serie Mindhunter di Netflix.
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Douglas, J., Olshaker, M., & Guelbenzu, A. (2018). Mindhunter: Cazador de mentes. Editorial Crítica.
Ressler, R. K., Shachtman, T., & Spicer, C. (1993). Whoever Fights Monsters: My Twenty Years Tracking Serial Killers for the FBI (Reissue ed.). St. Martin’s Press.
Mindhunter. (2017). Netflix.