Esposizione enterocettiva nel disturbo da panico
Avete mai sentito parlare di esposizione enterocettiva? Gli attacchi di panico rappresentano una causa frequente di consulto medico. Quando lo specialista non rileva fattori organici o fisici, indirizza il paziente da uno psicologo clinico.
In altri casi, soprattutto per scarsa preparazione in materia, il paziente viene trattato con antidepressivi o ansiolitici, senza ottenere un sostanziale miglioramento. Si è invece rivelata utile la tecnica dell’esposizione enterocettiva che descriviamo nelle righe che seguono.
Cos’è un attacco di panico?
Nello specifico, il DSM5 descrive gli attacchi di panico come segue: “…insorgenza improvvisa di intensa paura o malessere accompagnati da almeno 4 dei 13 sintomi […]. I sintomi generalmente raggiungono l’apice di intensità in 10 minuti e svaniscono nell’arco di alcuni minuti.
I pazienti che soffrono di attacchi di panico accusano una serie di sintomi piuttosto spiacevoli. Il repertorio di espressioni dell’ansia è piuttosto vasto e molte di esse possono manifestarsi in un solo attacco di panico.
Tali sintomi possiamo includere: paura di morire, di impazzire o di perdere il controllo, sentimenti di irrealtà, estraneità (derealizzazione), o distacco da sé (depersonalizzazione), dolore o fastidio al petto, vertigini, sentimenti instabili, o svenimento, sensazione di soffocamento, vampate o brividi, nausea o dolori addominali, intorpidimento o sensazioni di formicolio, palpitazioni o aumento della frequenza cardiaca, sensazione di respiro corto o di soffocamento, sudorazione, tremore o scosse.
Detti sintomi, che non sono altro che manifestazioni dell’ansia, vengono vissuti con intenso disagio, perché associati a sintomi fisici o alla morte imminente. Immaginate di provare all’improvviso le sensazioni appena descritte.
La prima cosa che ci verrebbe in mente è che ci sta accadendo qualcosa di brutto. Un attacco di cuore? Sto per morire? Sto impazzendo?
Ovviamente, quando il pensiero va verso questa direzione, inevitabilmente la sensazione di paura aumenta. È la ben nota fobofobia, ovvero la paura della paura. Motivo per cui, il trattamento degli attacchi di panico deve prevedere l’interpretazione e la tolleranza di tali sensazioni fisiche per evitare che aumentino di intensità; e punta proprio a questo l’esposizione enterocettiva.
In cosa consiste l’esposizione enterocettiva?
La tecnica d’elezione per i disturbi d’ansia è quasi sempre l’esposizione, ma peccheremmo di riduzionismo se non aggiungessimo altro. Benché l’esposizione sia una tecnica piuttosto facile da descrivere a livello teorico, può non esserlo altrettanto nella pratica. Prevede, inoltre, diversi approcci.
Per esempio, nel caso della paura di volare, in genere l’esposizione viene eseguita attraverso la visualizzazione o la realtà virtuale; differisce dunque da quella utilizzata per il disturbo di panico, che viene eseguita in modo interocettivo.
Stessa tecnica, stesso obiettivo, ma procedure diverse. È estremamente importante che il trattamento venga eseguito da uno psicologo specializzato. In caso contrario, non solo il problema potrebbe non risolversi, ma rischia persino di aggravarsi.
Lo scopo dell’esposizione è abituare il paziente allo stimolo fobico. Tale stimolo può essere costituito da un elemento concreto (fobie specifiche), una situazione (fobia sociale) o una sensazione. L’adattamento è il processo fisiologico che viene attuato quando la persona nota che lo stimolo fobico non causa più le conseguenze che si aspettava.
Nel caso dell’esposizione enterocettiva, esporsi alle sensazioni fisiche dell’ansia senza adottare alcuna condotta volta a contenere il disagio (assumere ansiolitici, essere accompagnato da un familiare, bere acqua, indossare occhiali da sole.), porta la persona a capire che tali sensazioni sono semplicemente questo, sensazioni.
In seguito a ciò, non si dà esse più valore di quanto si dovrebbe, perché diventa possibile verificare che il timore di un imminente attacco di cuore non ha alcun fondamento, perché non si verifica mai.
Lo specialista deve incoraggiare il paziente a provocare volontariamente le sensazioni del panico in seduta e al di fuori. Allo stesso modo, è importante non adottare condotte che ostacolino l’esposizione o facilitino l’evitamento.
Esercizi di esposizione enterocettiva
In linea di massima, questa tecnica consiste nel generare i sintomi per circa un minuto tramite alcuni esercizi che cercano di imitare i sintomi più frequenti e temuti della crisi di panico. Le strategie più comuni per raggiungere tale obiettivo sono:
- Iperventilazione intenzionale. Provoca una sensazione di stordimento, derealizzazione, vista offuscata e vertigini.
- Girare su una sedia girevole al fine di provocare vertigini e perdita di orientamento.
- Respirare attraverso una cannula. Causa dispnea e sensazione di soffocamento a causa della restrizione del flusso dell’aria.
- Trattenere il respiro. Provoca una sensazione di soffocamento.
- Correre nel luogo dell’esposizione. Causa un aumento della frequenza cardiaca, della respirazione e della sudorazione.
- Tensione delle aree muscolari. Provoca una sensazione di tensione e di ipervigililanza.
- Muovere la testa da un lato all’altro. Causa vertigini e tensione al collo.
L’induzione di questi sintomi va eseguita dalle 3 alle 5 volte al giorno – la frequenza varia a seconda del singolo caso. D’altro canto, è più importante eseguire per bene l’esposizione una volta piuttosto che sbagliare più volte; fino a quando, grazie all’adattamento, il paziente inizia a presentare minori livelli di ansia e poi è capace di gestirli.
Il paziente impara che questi segnali interni non vanno temuti, in quanto non sono associati ad una reale minaccia. Di fatto, può provocarli deliberatamente.
Conclusioni
Nelle fasi più avanzate del trattamento, il paziente esegue esercizi più “naturali” nel suo contesto quotidiano. Per esempio, fare sport, camminare velocemente, salire le scale, entrare in una sauna… In questo caso gli esercizi non devono durare più di tre minuti.
Sebbene l’esposizione enterocettiva sia un trattamento molto efficace negli attacchi di panico, è bene dare la priorità alle esigenze del paziente e verificare la necessità di ricorrere ad altre tecniche o adottare altri trattamenti.
Alcuni pazienti rifiutano questo tipo di esposizione perché non ritengono di poter resistere fino al punto in cui si adotta l’abitudine. Nel trattamento di un paziente con da disturbo da panico deve essere privilegiata la relazione terapeutica basata sull’empatia e la comprensione.
La psicoeducazione è altrettanto determinante. Quando il paziente capisce cosa gli accade e riconosce il circolo vizioso della sua ansia, accetterà più facilmente l’esposizione.
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