Euristica affettiva: pensiamo come sentiamo

In un mondo che va di fretta a comandare sono le emozioni. Abbiamo appena il tempo per riflettere, per pensare lucidamente, con calma e in modo equilibrato. Ecco che l'euristica affettiva ci suggerisce che prendiamo gran parte delle nostre decisioni a seconda del nostro stato d'animo.
Euristica affettiva: pensiamo come sentiamo
Valeria Sabater

Scritto e verificato la psicologa Valeria Sabater.

Ultimo aggiornamento: 15 novembre, 2021

L’euristica affettiva ci dice che le emozioni determinano gran parte dei nostri pensieri e, quindi, delle nostre decisioni. Una simile affermazione assume una grande rilevanza riguardo al modo in cui ci nutriamo, riguardo ciò che acquistiamo e come reagiamo alle difficoltà della vita quotidiana, laddove non sempre abbiamo tempo per riflettere, per pensare con lucidità.

In un mondo che va di fretta le valutazioni che si basano sulle emozioni governano il nostro agire. A tutti noi piacerebbe avere più tempo per filtrare ed elaborare buona parte delle informazioni che ci arrivano. Sarebbe fantastico poter fermare la lancetta dei secondi per poter apprezzare in modo rilassato tutto quello che ci circonda.

Tuttavia, non sempre è possibile. Ecco che spesso produciamo risposte, comportamenti e scelte nel giro di pochi secondi senza accoglierli nella sala mentale dell’analisi e della riflessione. Daniel Kahneman, psicologo cognitivo, Premio Nobel ed esperto in campo decisionale, segnala un aspetto interessante. 

Quando pensiamo in fretta, spesso non lo facciamo bene. E non ci riusciamo per un motivo molto semplice: perché non stiamo bene, perché il nostro stato d’animo non è sempre dei migliori. In fin dei conti, non possiamo scegliere “come sentirci” e quando le emozioni più complicate prendono il controllo, la realtà si complica.

Niente è così grave quando ci riflettiamo con calma.

-Daniel Kahneman-

Donna che fa uso della euristica affettiva.

Cos’è l’euristica affettiva?

L’euristica affettiva ci ricorda che il mondo delle emozioni è più potente di quanto non siamo portati a pensare a primo impatto. In effetti, le neuroscienze non si sbagliano quando dicono che l’essere umano è prima di tutto una creatura emotiva che a un certo punto ha imparato a pensare.

Antonio Damasio, neurobiologo cognitivo noto per il suo lavoro di divulgatore, ci spiega ne Lo strano ordine delle cose che le emozioni – intese come marcatori somatici- influiscono su buona parte dei nostri ragionamenti. Così, anche se a volte diamo per scontato che “controllando i pensieri” riusciremo a dominare le emozioni, le cose non sono semplici come appaiono.

Euristica affettiva: risposte rapide alle esigenze quotidiane

L’euristica è una scorciatoia mentale. Si tratta di una strategia che utilizziamo per risolvere un problema ben specifico in modo rapido e più semplice possibile. È dunque facile capire che l’euristica affettiva è una risposta o una scelta che facciamo inconsciamente in base a come ci sentiamo in un dato momento.

Le valutazioni che si basano solo sull’affetto (non sulla riflessione) sono rapide e automatiche. Questo significa che tutte le decisioni che prendiamo con l’euristica sono errate? La risposta è “no”. Così come ci spiegano Slovic, Finucane, Peters e MacGregor (2002) l’euristica affettiva fa leva anche sulle nostre esperienze. Ecco alcuni esempi:

  • Se ho avuto una brutta giornata a llavoro, vado a fare shopping perché so che in altre situazioni mi ha fatto stare bene. Tuttavia, potrebbe essere rischioso: probabilmente comprerò cose di cui non ho bisogno.
  • Mi occupo di selezione in un’azienda. Devo scegliere un candidato tra tutti i colloqui fatti in una stessa giornata. Sceglierò colui che mi ispira più fiducia a prescindere dalla sua formazione e dalla sua esperienza, perché in alcuni casi questa modalità ha dato buoni risultati.

Lo studio condotto dal Dottor Paul Slovic dell’Università dell’Oregon indica che i giudizi basati sull’euristica affettiva si verificano quando non abbiamo tempo per riflettere o, per meglio dire, quando il nostro stato d’animo è a terra e non possiamo pensare lucidamente.

Uomo che deve prendere decisioni.

Cosa succede se prendo tutte le mie decisioni basandomi sull’euristica affettiva?

Questa “scorciatoia mentale” è un’intermediaria nella maggior parte delle nostre decisioni, grandi o piccole che siano. A volte potremmo agire con successo, lasciandoci guidare dall’istinto, dalla cosiddetta “impronta somatica” secondo la definizione di Antonio Damasio.

Ciò nonostante, in genere quando agiamo in modo automatico e spinti dalle emozioni, il risultato è dato da comportamenti nocivi, persino per noi stessi. Per esempio, potremmo cadere vittime di un disturbo alimentare, una dipendenza o semplicemente prendere decisioni di cui ci pentiremo poco dopo.

Per evitare (o almeno per controllare) ciò, non dobbiamo escludere del tutto la componente emotiva dalla nostra mente. Le persone sono fondamentalmente emozioni, quindi non bisogna tenerle lontano, bisogna capirle, imparare a gestirle, assimilarle e saperle padroneggiare.

Conclusioni

Il Dottor Daniel Kahneman ci spiega nel suo testo Pensare lenti e veloci che dovremmo promuovere un pensiero più lento e deliberativo, senza lasciarci trascinare sempre dal primo impulso.

Saper bilanciare le emozioni con logica, tessere i sentimenti con il filo della riflessione ci aiuterà senz’altro a prendere decisioni più ponderate e di maggior successo. Almeno, proviamoci.


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  • Kahneman, Daniel (2015) Pensar rápido, pensar despacio. DeBolsillo
  • Kahneman, Daniel (2005) Heuristics and biases. Cambridge University
  • Kahneman, D., & Frederick, S. (2002). Representativeness revisited: Attribute substitution in intuitive judgment. In T. Gilovich, D. Griffin, & D. Kahneman (Eds.), Heuristics of intuitive judgment: Extensions and applications (pp. 49–81). New York: Cambridge University Press.
  • Slovic, P., Finucane, M. L., Peters, E., & MacGregor, D. G. (2002). The affect heuristic. In T. Gilovich, D. Griffin, & D. Kahneman (Eds.), Heuristics and biases: The psychology of intuitive judgment (pp. 397-420). New York: Cambridge University Press.

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