La paranoia: cosa è e perché ci danneggia
La paranoia è stata interpretata secondo due approcci distinti, dalla psichiatria e dalla psicanalisi. Il disturbo venne concepito inizialmente dalla psichiatria e considerato semplicemente una forma di demenza.
Con il tempo, la psichiatria iniziò a rifiutare questo concetto come entità diagnostica; in parte perché la paranoia aveva iniziato a emergere nel quadro di altri disturbi mentali, in particolare in quello della schizofrenia. Smise così di essere un’entità a se stante e si trasformò quasi in un sintomo di altre patologie. Oggigiorno, ciò che più le si avvicina – secondo il DMS – è il “disturbo delirante”.
Nella psicanalisi si verificò una dinamica ben diversa. In un primo momento, Sigmund Freud la analizzò come una forma di nevrosi derivata dall’ossessione. Più avanti, in particolare nel caso Schreber, capì che si trattava di una psicosi. Lacan, da parte sua, elaborò la propria tesi di dottorato sulla base del caso Aimée: una paranoia curata.
…ciò che reprimiamo dentro di noi riaffiora all’esterno.
-Sigmund Freud-
Un po’ di storia
La parola “paranoia” viene dalla radice greca “para”, che vuol dire “accanto a” oppure “durante” e dal termine “noev”, che significa pensare o comprendere. Alla luce della sua etimologia, la paranoia può essere definita come “avere un pensiero parallelo“. Il primo a parlarne fu Ippocrate.
Per lungo tempo la parola paranoia è stata utilizzata come sinonimo di pazzia. Nel 1863 il tedesco Kahlbaum fu il primo a parlare di essa come di un concetto a se stante. Kraft-Ebing sviluppò ulteriormente il concetto, e nel 1879 la definì come una forma di “alienazione mentale che riguarda principalmente la capacità di giudizio e il ragionamento”.
Ci furono altri tentativi di descrivere questa problematica, ma alla fine si impose tra tutti la definizione del 1889 di Kraepelin. A partire da quel momento, assunse il significato di un tipo di disturbo con idee deliranti, senza altra psicopatologia significativa. Fu presente nel DMS fino al 1987, quando venne sostituita da “Disturbo delirante” o “Disturbo paranoide”.
La paranoia nella psicanalisi
Sigmund Freud parlò in un primo momento della paranoia, senza arrivare a concettualizzarla del tutto, nel suo saggio Le neuropsicosi della difesa (1894). La psicanalisi freudiana si occupò soprattutto delle nevrosi. In un primo momento, Freud associò la paranoia al meccanismo di proiezione; quindi, non approfondì l’argomento e non trasse le dovute conclusioni.
Neisser definì un aspetto fondamentale del modo in cui la psicanalisi tratta il fenomeno paranoico. Segnalò che esso è “un modo singolare di interpretare”. Il paranoico sente che tutto ciò che osserva e che ascolta, in un modo o nell’altro, fa riferimento a se stesso.
Jacques Lacan, d’altro canto, approfondì ancor più il tema. In un testo del 1957 in cui fa riferimento al caso Schreber, affrontato da Freud, Lacan definì la paranoia come “identificazione di una gioia al posto di un’altra”.
Lacan è criptico e non facilmente comprensibile. Diciamo semplicemente che la sua affermazione equivale al motto della paranoia: “L’Altro trae beneficio da me”. Jacques Lacan lo dice in questo modo: “Egli stesso (il paranoico) si offre affinché dio e l’Altro traggano beneficio dal suo essere assoggettato”.
Chiariamo il concetto di paranoia
Paranoico in psicanalisi non è solo una persona diffidente, come tende a pensare la cultura popolare. Chi soffre di questo problema parte da due presupposti: uno, che una qualche sorte “sfavorevole” o “crudele” si sia accanita e che sarà proprio lui la vittima di quest’ultima. E due, che ciò che succede nel modo ha in qualche modo a che vedere con lui.
Il paranoico interpreta il mondo a partire da questi due presupposti e sulla base di un delirio. Il delirio consiste in una storia poco ragionevole. Nella paranoia, questa storia riguarda una forma di malvagità che vuole rendere il soggetto una vittima. “Gli spiriti perversi/i marziani/il diavolo si impossessano della mia mente”, ad esempio.
In tale stato, una persona interpreta i fatti sulla base della storia cui la sua mente ha dato origine. Così, perdere un oggetto, per esempio, sarebbe prova del fatto che quegli spiriti, marziani o demoni – o qualunque altra cosa sia – stanno giocando con lui o lo stanno tormentando.
Come indicato da Lacan, si presenta il motto: “L’altro si approfitta di me”. E di fronte a questo, si sente completamente “assoggettato”. Gli attribuisce la responsabilità di ciò che succede nella sua vita: “ Non sono stato io, è stato l’Altro”. Questa convinzione e questo delirio coinvolgono situazioni relativamente semplici, come la gelosia, fino a toccare stadi che portano a conseguenze più gravi, come nel caso Aimée.
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- Freud, S. (1911). Puntualizaciones psicoanalíticas sobre un caso de paranoia (Dementia paranoides) descrito autobiográficamente. Obras completas, 12, 1-73.