L’uomo dei lupi, un caso clinico esemplare

Sergei Konstantinovitch Pankejeff è passato alla storia come l’uomo dei lupi. Il suo caso comparve per la prima volta nel saggio di Sigmund Freud "Dalla storia di una nevrosi infantile". È uno dei casi più paradigmatici in psicoanalisi poiché supporta molte delle tesi freudiane.
L’uomo dei lupi, un caso clinico esemplare

Ultimo aggiornamento: 05 dicembre, 2019

Sergei Pankejeff, l’uomo dei lupi, si presentò nello studio di Freud all’età di 23 anni e vi restò in cura per quattro anni, dal 1910 al 1914.

Il paziente, di origine russa, aveva una madre ossessionata dalle malattie e un padre che presentava fasi alternate di depressione e iperattività. Uno degli zii paterni, che soffriva di paranoia, viveva come un eremita tra gli animali. Un altro zio era stato protagonista di uno scandalo, avendo obbligato la fidanzata del figlio a sposarlo. Un suo cugino, infine, soffriva di delirio di persecuzione. Insomma, l’ambiente familiare dell’uomo dei lupi presentava gravi segni di instabilità.

“Da quando studio l’inconscio ho cominciato a trovare me stesso molto interessante.”
-Sigmund Freud-

Un giovane fisicamente molto provato 

Quando l’uomo dei lupi aveva 15 anni, la sua unica sorella, maggiore di due anni, si tolse la vita. Un anno prima la ragazza aveva mostrato gravi segni di depressione. Qualche anno dopo, anche il padre si suicidò.

A 17 anni Pankejeff contrasse la gonorrea da una prostituta e a partire da questo momento cominciò a soffrire di episodi depressivi e fu ricoverato in varie cliniche. Gli fu diagnosticato un disturbo maniaco depressivo. Allo stesso tempo, fu colpito da gravi problemi di salute, soprattutto una stitichezza cronica e un disturbo gastro-intestinale molto doloroso. Quando giunse nello studio di Freud, il giovane Sergei era fisicamente molto provato. 

Nei primi mesi, la sua reazione alla terapia fu ermetica. Il ragazzo non mostrava alcun interesse nei confronti della psicoanalisi, sebbene seguisse tutte le indicazioni fornite dall’illustre medico.

Per toglierlo dalla passività e restituirlo all’iniziativa, Freud gli comunicò che la terapia si sarebbe conclusa da lì a qualche mese. Si era già stabilito un legame tra i due e, conscio che la terapia aveva un termine preciso, l’uomo dei lupi cominciò a impegnarsi, recando finalmente apporti significativi alle sessioni. Fu la svolta che permise di elaborare il suo caso.

L'uomo dei lupi, Costantinovic Pankejeff

L’uomo dei lupi

Il caso venne battezzato “L’uomo dei lupi” per via di un sogno fatto da Pankejeff, che permise a Freud di delineare la dinamica del suo inconscio. Il sogno, in realtà, risaliva a molto tempo prima, quando il paziente aveva quattro anni e mezzo, ma era stato così intenso da lasciare nel giovane una forte impressione.

Nel sogno Sergei vedeva la finestra della sua camera da letto aprirsi da sola. Era inverno. Sui rami di un grosso noce erano seduti sei o sette lupi bianchi. Avevano code folte come quelle delle volpi e tenevano le orecchie diritte, come fanno i cani. Erano tranquilli, ma tutti lo osservavano con insistenza. Il bambino ne aveva avuto profondo terrore e si era svegliato gridando. La sensazione era di un’immagine molto reale. Pankejeff aveva fatto un disegno del sogno per Freud.

In psicoanalisi, i sogni sono geroglifici in attesa di essere decifrati. Gli elementi che vi appaiono sono simbolici e, a partire dal vissuto del paziente, è possibile stabilire associazioni che danno significato al contenuto onirico. Fu quanto fece Freud negli anni successivi con l’uomo dei lupi.

Albero con lupi, disegno

La nevrosi infantile

A partire dal sogno dei lupi, Freud iniziò un percorso a ritroso nelle esperienze infantili del paziente. Scoprì che quando Pankejeff era un bambino di un anno e mezzo, aveva assistito a un amplesso tra i genitori. A partire da ciò, Freud forgiò il concetto di scena primaria. Vi erano state anche esperienze sessuali infantili con la sorella e un tentativo di seduzione e successivo rifiuto verso la sua tata.

Emerse anche un rapporto ossessivo con la religione. Il giovane pregava diverse ore al giorno e baciava le immagini dei santi prima di andare a dormire. Non poteva, tuttavia, evitare di sentirsi male per tutto quello che faceva o pensava.

Ragazzo angosciato, pittura ad olio

Dopo aver percorso nel dettaglio questa costellazione esperienziale, Freud classificò i disturbi di Pankejeff come un caso di omosessualità repressa. A suo avviso, Sergei guarì grazie alla psicoanalisi.

Dopo la prima guerra mondiale, tuttavia, il paziente tornò in analisi, questa volta con un altro psicoanalista. Più tardi pubblicò un’autobiografia in cui scrisse – che sia vero o falso non ci è dato sapere – che il sogno dei lupi era stata una sua invenzione. Il caso è andato incontro a centinaia di reinterpretazioni nel corso degli anni e ancora oggi genera diverse polemiche.


Questo testo è fornito solo a scopo informativo e non sostituisce la consultazione con un professionista. In caso di dubbi, consulta il tuo specialista.