Mission, un esempio di costruzione dei personaggi
Il lungometraggio diretto da Roland Joffé nel 1986, Mission, ha goduto di ampio riconoscimento da parte di critici e spettatori. Non c’è da meravigliarsi: iniziando dalla colonna sonora del “nostro” Ennio Morricone alle superbe interpretazioni di Jeremy Irons, Ray McAnally o, soprattutto, Robert de Niro. Per non parlare dei costumi o della fotografia, in grado di conquistare persino il Premio Oscar.
Ma il fascino di questa pellicola supera i giudizi puramente cinematografici, riuscendo a disegnare, con eccellenza, uno dei passi più bui della storia dell’umanità. La “Conquista” delle Americhe da parte degli spagnoli.
I due teatri principali che fanno da sfondo alla trama sono la foresta e le missioni gesuite in America Latina (chiamate anche “riduzioni”). La storia viene presentata con grande fedeltà, sia architettonica che sociale. Tra le varie scene di Mission risalta l’organizzazione comunitaria di queste riduzioni e le grandi contraddizioni tra violenza e fede, tra conquista e sottomissione, tra invasione e comunicazione, in cui le uniche vittime sono le povere tribù locali, quelle dei guaranì.
La riduzione gesuita in Mission
La posizione di confine occupata da queste comunità, insieme all’espansione degli imperi coloniali spagnoli e portoghesi, è l’innesco del conflitto nel film. Si fa apertamente riferimento al trattato di Madrid del 1750 tra entrambe le potenze, che sancisce il cambio di dominio di questi territori e la scomparsa delle riduzioni. Come parte del conflitto politico, vengono evidenziati altri elementi storici, come i riferimenti al Marchese di Pombal o ai socialisti utopisti francesi, che affiorano grazie ai dialoghi che Joffé mette in bocca ai suoi protagonisti.
Anche le leggi delle Indie Spagnole prendono il loro posto nel complotto, unite in questo caso alle deplorevoli violazioni per opera, a volte, delle autorità coloniali spagnole. Il sequestro di schiavi indigeni, che erano legalmente soggetti della corona ispanica e non potevano essere sottoposti a servitù, è una realtà che appare in molti casi. La lontananza del controllo dello Stato dalle colonie ha inevitabilmente facilitato gli abusi di alcuni funzionari, governatori o avidi imprenditori.
Missionari e indigeni
Ma il successo del film non si basa su questi elementi né sull’ottima ricreazione dei festeggiamenti e dei costumi della società meticcia della capitale coloniale. La trama progredisce con i suoi personaggi, efficacemente costruiti e che funzionano perfettamente come archetipi degli uomini del loro tempo. Al tempo stesso, incarnano qualità ed emozioni senza tempo che si connettono facilmente con lo spettatore.
Tra tutti i personaggi, dobbiamo evidenziarne due: Padre Gabriel (interpretato da Jeremy Irons) e Rodrigo Mendoza (Robert de Niro), che danno forma al contrasto ricercato dal regista. L’approccio al passato storico può generare problemi di comprensione verso i suoi protagonisti. Il rischio è di cadere nell’errore di analizzare i loro comportamenti e le loro motivazioni in base alle nostra visione attuale, moderna, dimenticando quella barriera temporale che inevitabilmente li separa da noi.
La bellezza di Mission risiede nel fatto che, all’interno di una precisa e attenta ricostruzione storica, mette a nudo i contrasti dell’uomo, quelli ancestrali, soliti, del bene e del male. E lo fa attraverso i volti dei due dei più grandi attori del cinema hollywoodiano.
Gabriel e Rodrigo, due facce della stessa medaglia
Forse ancora più difficile da comprendere ai nostri giorni è la reazione dei protagonisti a un primo contatto con le culture e le popolazioni dall’altra parte dell’oceano, così diverse da tutto ciò che è noto. Nonostante tutti i cambiamenti sociali, la materia prima rimane costante: e parliamo della mente umana.
L’approccio ai due personaggi archetipi di Joffé in Mission è magistrale, entrambi trovano la loro piena definizione già nel primo contatto con i guaranì. Proprio questo elemento della trama è fondamentale per costruire tutte le personalità del film.
L’uomo di Dio
Il modo in cui Padre Gabriel attira l’attenzione degli indigeni è sorprendente. Il monaco cerca di conquistarli utilizzando un linguaggio universale, quello della musica, suonando un semplice strumento a fiato.
La bellezza e la melodie emesse dal suo oboe stabiliscono una comunicazione tra chi non può utilizzare né la stessa lingua né gli stessi gesti. Persino la risposta istintivamente violenta degli ignoti guerrieri guaranì si ferma e viene annullata da questo “trucco” che ci presenta Gabriel in tutta la sua compassione.
Tutta la trama sarà segnata da questo amore e desiderio di connessione con ciò che è diverso, che genera un sentimento positivo reciproco. Proprio questo, in effetti, fu uno dei volti che molti europei mostrarono alle popolazioni native americane.
Come padre Gabriel, molti religiosi arrivarono in America con l’intenzione di insegnare ai loro abitanti ciò che, per loro, era più prezioso. Le componenti avventurose e potenzialmente mortali di queste missioni possono essere scioccanti per noi oggi, ma hanno senso se pensiamo a quanto fosse importante per questi uomini di Dio poter trasmettere il Suo messaggio, la Sua parola.
Il guerriero in Mission
Il primo contatto di Rodrigo con i guaranì non ha nulla a che vedere con quello appena citato. Il guerriero fa appello a un altro linguaggio universale e sfrutta uno strumento diverso, in questa occasione piena di tensioni.
La violenza del suo archibugio spaventa gli indigeni che comprendono che si tratta di un’arma invincibile, assai più potente dei loro archi. Questa stessa violenza segnerà la perdizione del personaggio, e la risposta compassionevole di Gabriel e la redenzione dei guaranì.
A lungo andare, l’avidità sarà sostituita dalla disperazione come motore di un nuovo confronto militare. I conflitti armati erano una costante all’epoca, e persino i gesuiti a volte si impegnavano in guerre difensive. Sfruttando un delizioso ammiccamento musicale, nel finale di Mission, Joffé mostra (e celebra) la vittoria immortale degli uomini come Padre Gabriel.
Tutte le fonti citate sono state esaminate a fondo dal nostro team per garantirne la qualità, l'affidabilità, l'attualità e la validità. La bibliografia di questo articolo è stata considerata affidabile e di precisione accademica o scientifica.
- Sanchez Marcos, Fernando (1993) Lectura histórica de La Misión (1986) de Roland Joffé, UB
- Castro González, Alvaro (2015) Las Reducciones Jesuíticas del Paraguay: El Tratado de Madrid de 1750, MUVI.
- Wolfe, Alice and Coakley, Virginia(2004) The Mission: A Theologycal Analysis, http://people.bu.edu/wwildman/courses/theo1/projects/2004_wolfe_alice_and_coakley_virginia.pdf