Nirvana: lo stato di liberazione
Il Nirvana è considerato uno stato di liberazione dalle sofferenze o dukkha, legate al ciclo di nascita e morte della filosofia sramana. È uno dei concetti più importanti nel buddismo, nel giainismo e nell’induismo, una condizione che può essere ottenuta unicamente mediante pratiche o tecniche spirituali.
Chi raggiunge lo stato di Nirvana si libera da qualsiasi sofferenza, ma ciò richiede uno sforzo arduo, un lungo cammino spirituale volto alla liberazione da ogni vincolo terreno.
“Esiste, o monaci, quello stato in cui non vi è terra, non vi è acqua, non vi è fuoco, non vi è aria, non vi è sfera dell’infinità dello spazio, non vi è sfera dell’infinità della coscienza, non vi è sfera della nullità, non vi è sfera della “né percezione né non percezione”, né questo mondo né un altro mondo né entrambi, né il sole né la luna. Qui, monaci, io dico che non vi è giungere, non vi è andare e non vi è rimanere, non vi è crescita, non vi è decrescita. Esso non è fisso, non è mobile, non ha sostegno. Proprio questa è la fine della sofferenza”.
– Siddharta Gautama – (da: Buddhismo. Una introduzione, Klaus K. Klostermaier)
Perché è importante lo stato di Nirvana nel buddismo?
Il Nirvana è una condizione di somma importanza nel buddismo poiché spezza il ciclo del samsara, il quale perpetua il nostro stato di sofferenza attraverso la reincarnazione e gli effetti del karma.
Lo stato di Nirvana equivale a una liberazione assoluta, dal momento che si esce dal ciclo di nascita e morte . I debiti karmici sono saldati per sempre e si resta purificati da qualunque tipo di dolore.
È l’ambita liberazione finale verso cui tende chi pratica il buddismo, il giainismo o l’induismo. Si potrebbe dire che il Nirvana è una porta verso la pace completa, non più soggetta a fattori esterni.
In un senso più ampio, questa parola viene utilizzata talvolta per designare chi è riuscito a superare se stesso o esce da una situazione particolarmente complicata. Qualunque circostanza o emozione negativa che generino malessere interiore sono un ostacolo alla felicità. Attraverso il Nirvana, liberiamo la nostra anima da questa schiavitù e troviamo la pienezza dell’esistenza.
Come si raggiunge la liberazione?
Il cammino del Nirvana è un viaggio individuale alla scoperta della verità assoluta, non è un luogo da raggiungere. Per conquistare uno stato di liberazione totale, occorre rinunciare a ogni sorta di attaccamento e desiderio materiale. L’attaccamento, infatti, genera sofferenza.
Un essere è libero quando supera ciò che lo tiene legato, così come avviene con i sentimenti negativi. Si sperimenta allora un momento di beatitudine; non sarà più necessario che prosegua il ciclo di vita e di morte, perché tutti i debiti del karma sono stati pagati.
Non si può, tuttavia, definire il Nirvana. Farlo, significa adeguarlo alla nostra situazione mondana o culturale. Raggiungerlo richiede un percorso meditativo che ci porta a entrare profondamente nel corpo e nella mente, strettamente interrelati.
Il Nirvana secondo la psicologia
Dal punto di vista della psicologia, il Nirvana corrisponde a uno stato di calma, di conciliazione con noi stessi, di abbandono dei conflitti. Una condizione in cui la mancanza di tensione psichica non comporta un abbassamento dei riflessi sensoriali, ma piuttosto stabilità emotiva.
Non è propriamente un concetto psicologico perché appartiene a una dimensione diversa, alla fede e non alla scienza. Resta, tuttavia, un buon spunto di riflessione, la definizione di uno stato a cui aspirare, per ricaricarci di energia ed edificare un cambiamento.
Allo stesso tempo, l’idea ci invita a considerare il ruolo motivante o frustrante dei desideri, a seconda del nostro stato emotivo. Un desiderio può essere una pietra che ci trascina a fondo se lo consideriamo con pessimismo o una carica di energia se cavalchiamo le ali dell’ottimismo.