Noi, l'ultimo film di Jordan Peele
Noi è l’ultima perversione di Jordan Peele, e non diciamo ‘perversione’ in senso stretto, ma nel senso più critico, quello di rottura con l’ordine prestabilito. Horror e commedia si intrecciano per costruire un film che, a tratti, scivola nell’assurdo e, al tempo stesso, sfiora la genialità. Un massacro quasi grottesco e satirico finisce per trasformarsi in una profonda critica del capitalismo e, alla fine, del mondo così come lo conosciamo.
La forza delle sue immagini, il ricorso al doppelgänger, la comicità nei momenti critici e l’uso geniale della metafora si sviluppano su uno sfondo di critica politica di cui, nei primi minuti, non siamo coscienti. Se nel suo primo lungometraggio, Scappa – Get Out, Jordan Peele si lanciava nella critica al razzismo nella società statunitense, con questo nuovo film horror non risparmia niente e nessuno.
Horror e grottesco: questi siamo Noi secondo Jordan Peele
Una famiglia nordamericana, sostenuta da una madre con un profondo trauma nel passato, sarà testimone di un evento strano. L’azione si svolge tutta in poco più di una notte. I protagonisti scopriranno una strana famiglia sulla soglia della loro casa delle vacanze. Un riflesso di loro stessi, ma che non vengono precisamente in pace.
Lo stesso titolo nella versione originale, Us, è un gioco di parole che rimanda a US (United States), un rimando che si materializza in uno dei momenti cruciali del film attraverso la dichiarazione della sosia della protagonista: «We are americans» (Siamo americani). E sì, sono americani, sono uguali alla famiglia protagonista, uguali a noi, ma in realtà sono il prezzo da pagare per realizzare ‘il sogno americano’.
Noi: il tema del doppio nella visione di Jordan Peele
Il tema del doppio, o doppelgänger, è una delle risorse più esplorate del mondo artistico, in particolar modo nella letteratura. Ha ispirato tutta una serie di riflessioni sul tema della dualità, del lato oscuro o maligno. Con il tempo, l’idea del doppio ha assunto diverse connotazioni; partono dalle stesse premesse Il sosia di Fëdor Dostoevskij (1846) e Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson (1886).
Il sosia, inoltre, può manifestarsi in forme diverse, più o meno esplicite. Può palesarsi attraverso gli specchi, nei riflessi, nelle ombre o attraverso un gemello cattivo. Per esempio, se pensiamo al personaggio mitologico di Narciso, vedremo una delle prime manifestazioni del tema del doppio che, in questo caso, appare come un riflesso.
Un argomento antico per un film attuale
Jordan Peele si alimenta di questa lunga tradizione, ma la reinventa e la trascina nel presente. La prima apparizione della sosia della protagonista avviene in una stanza degli specchi. Ovvero un luogo che inganna, che distorce la realtà e che, allo stesso tempo, ha una componente di verità. Lì, proprio in mezzo agli specchi, una bambina incontra la sua sosia, ma non con un riflesso vero e proprio, se non con la visione di una bambina identica a lei.
Siamo davanti a un sosia cattivo? È questa la domanda che pone Peele nel suo racconto, gli indizi sono davanti ai nostri occhi, alcuni ci fanno pensare che niente è come sembra e che nulla è lasciato al caso. La dualità è presente in tutto il film: un mondo ‘vero’ davanti a una copia o parodia di questa verità.
A partire dall’uso geniale della tradizione e della questione del doppio, il film usa altre metafore in modo molto intelligente per trasportarci, alla fine, in una specie di William Wilson contemporaneo, nel quale finiremo per pugnalare noi stessi.
Un gioco di metafore
Cosa significa il cartello che si ripete continuamente: «Geremia 11:11»? Si tratta ovviamente di una citazione biblica che recita: «Perciò, così parla l’Eterno: Ecco, io faccio venir su loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò».
Nel film non c’è nessun dio che giudica l’uomo, ma ci sono uomini che hanno giocato a essere dei, esiste una verità terribile e una persecuzione che non lascia quasi spazio alla speranza. Il versetto si inserisce, quindi, come una specie di riassunto di cosa stiamo per vedere, un’anticipazione di quella verità occulta che, alla fine, scopriremo.
Noi di Jordan Peele può sembrare a tratti la versione horror di Alice nel paese delle meraviglie , dove invece di cadere nella tana di un coniglio o attraversare uno specchio (cosa che accade anche nel film), si scopre una terribile verità. La comparsa dei conigli nel film assume un significato ancora più profondo, è il cammino verso il mondo sotterraneo e fantastico di Alice che, in Noi, è una specie di parodia del nostro mondo attuale.
D’altra parte, troviamo anche un’allusione al passato recente. Negli anni Ottanta, si cercò di portare avanti una campagna conosciuta come Hands Across America, la cui finalità era quella di formare una catena umana e raccogliere fondi per i più poveri. La campagna fu un fracasso totale e la società preferì restare seduta davanti alla televisione. Quest’evento si materializza in Noi, ma stavolta non sarà un atto pacifico senza importanza, bensì un vero e proprio bagno di sangue.
Noi: critica sociopolitica, satira e horror in perfetto stile Jordan Peele
Noi è un film che può essere perfettamente inserito nel genere horror, ma che ricorre a un elemento della tradizione come il doppelgänger per arrivare fino a un’acuta critica del capitalismo. Il ritmo veloce e l’abilità di Peele di dirigere il nostro sguardo fanno sì che Noi si allontani, a tratti, dal genere in cui viene iscritto.
Peele si trasforma in un abile direttore d’orchestra, capace di far suonare il tamburo nel momento più intenso e drammatico, o di mantenere il totale silenzio nel momento di frastuono. Nell’horror c’è posto anche per la comicità. A colpi di satira, Noi ci trascina per un momento fuori dal terrore, ci dà un respiro di sollievo dall’angoscia. In questo modo, si trasforma in un film adatto agli amanti dell’horror, ma alla portata anche del pubblico più generalista.
Sono pochi i film che riescono davvero a spaventare, e bisogna riconoscere che Noi riesce in alcuni momenti a scuotere le emozioni più profonde; ma proprio quando arriva la sensazione di paura, irrompe la risata scaturita da una battuta, che cela sempre una tremenda satira politica. Ed è proprio questa, la satira, la chiave di questo film.
Dal razzismo al capitalismo: la satira di Jordan Peele
Peele torna a criticare il razzismo, sceglie attori di colore come protagonisti, trasformando un atto apparentemente casuale in una vera e propria dichiarazione di intenti.
Il regista rivendica tutti coloro che, per anni, sono stati dimenticati; e li contrappone ad una famiglia bianca benestante, per dimostrarci che ancora oggi esiste la disuguaglianza.
Ci parla di quel fascino che a volte sentono i bianchi per tutti quelli che non lo sono, di quella ammirazione innocente, che nasconde un radicato passato storico vincolato al razzismo.
Però Noi non si ferma qui, perché sarebbe solo una seconda copia di Scappa – Get Out, e Jordan Peele vuole raccontare qualcos’altro. In questo film ci dice che alla fine, nel mondo capitalista, non importa il colore della pelle, ma il denaro che si ha in tasca e se si può comprare per passatempo e per acquistare beni materiali. La critica al materialismo della nostra era, e all’assurdità di molte nostre azioni quotidiane, viene verbalizzata, materializzata in Noi.
In conclusione…
Noi ci offre una visione grottesca della realtà, del capitalismo e della nostra ipocrisia verso i problemi dell’altro, costruendo un film capace di attrarre le masse, di mantenere la suspense e di farci ridere nei momenti più terribili.
Non c’è dubbio che sia una delle proposte più innovative del 2019. Una vera e propria lezione di satira in un contesto apocalittico nel quale possiamo sentirci, tutti e in qualche modo, riflessi.