Passaggio all'azione: un interessante meccanismo di difesa
Sebbene ci piaccia pensare di essere esseri totalmente razionali e coscienti, che quando agiamo lo facciamo per vera volontà di farlo, la verità è che non è così. Molte volte le nostre azioni esprimono dei contenuti mentali che non possiamo o non vogliamo vedere e gestire. E, sebbene questo possa essere naturale, è interessante conoscere questi meccanismi di difesa per far luce su ciò che ci accade. Oggi parliamo di uno di questi: il passaggio all’azione.
Prima di tutto, capiamo che un meccanismo di difesa è una strategia psicologica inconscia che viene messa in moto per proteggere o difendere l’ego. Questo significa gestire un conflitto interno che sta provocando angoscia, e di fronte al quale si sceglie di negare o nascondere la realtà. Sebbene possano essere efficaci a breve termine (nel senso di ridurre quell’ansia), sono i modi sbagliati per risolvere i conflitti e possono causare problemi.
Il ruolo dei meccanismi di difesa e il passaggio all’azione
Secondo la teoria psicoanalitica freudiana, l’Io dovrebbe mediare tra gli impulsi dell’Es e le richieste del Super-io. Per farlo, utilizza determinate procedure per mantenere l’equilibrio psicologico: i meccanismi di difesa.
Questi sorgono perché ci sono alcuni contenuti inconsci (pensieri, ricordi, desideri, impulsi…) che non possiamo semplicemente rendere coscienti perché sono disturbanti, imbarazzanti o intollerabili. Pertanto, li esprimiamo in modo attenuato o distorto, in modo che non ci influenzino troppo.
In questo modo troviamo una via d’uscita che ci permette di proteggere la nostra autostima e la nostra stabilità mentale. Ma quella, in fondo, non è la soluzione più appropriata o corretta.
Cos’è il passaggio all’azione?
Nel caso che ci riguarda, la mossa ad agire nasce anche davanti a un desiderio, un impulso o un bisogno considerato proibito o minaccioso.
Questi generano un’ansia di cui vogliamo sbarazzarci, che otterremmo solo realizzando quel desiderio. Ma, poiché questo non è possibile (a causa della sua natura intollerabile), abbiamo scelto di farlo in un altro contesto.
Non possiamo portare quell’emozione o bisogno alla coscienza, non possiamo riconoscere il vero aspetto di quel desiderio. Pertanto, abbiamo scelto di esprimerlo in modo simbolico e distorto. Qualcosa che certamente ci permette di ridurre quella fastidiosa tensione interna e di sentirci sollevati, almeno per un momento.
Come si manifesta il passaggio all’azione?
Poiché si tratta di un concetto alquanto ambiguo, facciamo alcuni esempi che illustrano l’espressione di questo passo per agire nelle situazioni quotidiane.
Una persona ha molti problemi nella sua relazione, si sente danneggiata e insoddisfatta. Inconsciamente, vorreste porre fine alla relazione, ma le vostre convinzioni (ideali religiosi, un forte senso di lealtà o moralità) vi impediscono di farlo.
Poiché trovate impossibile soddisfare il vostro vero desiderio (o anche considerarlo consapevolmente), scegliete di porre fine a un’altra relazione meno significativa. Ad esempio, smettete di andare alle sedute di terapia, mettete fine a un’amicizia di lunga data o lasciate il lavoro.
Un’altra situazione può essere quella in cui qualcuno insulta il proprio partner, lo rimprovera o lo riprende per il suo atteggiamento egoista quando, in realtà, vorrebbe rivolgere tali accuse alla madre. Anche in questo caso, poiché questa idea può sembrare insopportabile, esprimerà quell’impulso in un contesto diverso e più tollerabile per lei.
Altre manifestazioni:
O, ad esempio, quando reagiamo in modo eccessivo a un evento relativamente poco importante, ma in realtà esprimiamo un sentimento legato a un’altra situazione.
Diciamo che ci sentiamo estremamente irritati e infuriati per aver perso gli occhiali, ma in realtà quelle emozioni corrispondono all’insoddisfazione che proviamo perché qualcuno non ci ha ceduto il posto.
In alcuni casi, il passaggio all’azione nasce non perché l’idea di desiderio reale sia una trasgressione morale, ma perché costituisce un rischio reale. Immaginate un adolescente che vive in una casa con un genitore violento.
In realtà, il suo impulso o il suo bisogno potrebbe essere quello di attaccare quel genitore; ma, poiché ciò costituisce un alto rischio esterno, trasferisce l’espressione di tale impulso nell’aggressione ai compagni.
Rendete cosciente l’inconscio
Come si può vedere negli esempi precedenti, il passaggio all’atto ottiene una momentanea riduzione della tensione interna, ma non costituisce una soluzione utile finché il vero desiderio c’è ancora e continuerà ad esserci. Per questo il percorso passa attraverso la presa di coscienza di quegli impulsi, emozioni o bisogni. Tuttavia, questo non è facile.
I meccanismi di difesa esistono per un motivo, e cioè per coprire quelle emozioni e desideri imbarazzanti e insopportabili per noi.
Pertanto, non sarà facile per noi identificare queste strategie da soli. Avere l’aiuto di un terapeuta facilita notevolmente questo processo, tuttavia possiamo abituarci a chiederci se il motivo delle nostre azioni o decisioni è davvero ciò che pensiamo o se potrebbe esserci qualcos’altro.
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- Freud, A., & Carcamo, C. E. (1961). El yo y los mecanismos de defensa (Vol. 3). Barcelona: Paidós.
- LaPlanche & Pontalis, Diccionario de Psicoanálisis, Ediciones Paidós Ibérica, 1993. Título original: Vocabulaire de la psychanalyse, Presses Universitaires de France, Paris, 1967.