Psichiatria biologica: di cosa si occupa?

La psichiatria biologica studia il rapporto tra fattori biologici e disturbo mentale.
Psichiatria biologica: di cosa si occupa?
Marián Carrero Puerto

Scritto e verificato la psicologa Marián Carrero Puerto.

Ultimo aggiornamento: 25 gennaio, 2023

La psichiatria biologica, o biopsichiatria, è un ramo della medicina e della psichiatria che studia la relazione tra disturbi mentali e il funzionamento del sistema nervoso. È un approccio interdisciplinare che attinge da scienze come la fisiologia, la genetica, la biochimica, la psicofarmacologia e le neuroscienze.

Nacque tra il XVIII e il XIX secolo, ma raggiunse il massimo sviluppo negli anni ’50 con l’avvento degli psicofarmaci. La scuola tedesca mise particolare accento sulla neuroanatomia e sull’istopatologia. Nel XX secolo, denominato anche secolo della fisica, l’enorme progresso della strumentazione tecnologica favorì l’espansione delle scienze.

Uno sviluppo favorito da migliori microscopi, sofisticate tecniche di imaging come la risonanza magnetica, la tomografia a emissione di positroni, per terminare con la nanotecnologia, ampiamente utilizzata nello sviluppo dello Human Brain Project.

“Quando non siamo più in grado di cambiare una situazione, siamo sfidati a cambiare noi stessi.”

-Viktor Frankl-

Psichiatria biologica e psicofarmaci

Lo sviluppo della biopsichiatria è legato a doppio filo al progresso tecnologico. Una pietra miliare fu, ad esempio, la scoperta “serendipitosa” dell’esistenza di neurotrasmettori e recettori nei meccanismi di azione dei farmaci; successivamente perfezionati per produrre inibizioni o attivazioni di ammine biogene.

Neurotrasmettitori del cervello

Con l’avvento degli psicofarmaci e le teorie dello squilibrio biochimico, si avviò anche una caccia ai fattori genetici. Si aprì quindi la strada a una migliore classificazione diagnostica. Finora non sono stati identificati marcatori biologici affidabili sebbene le attuali tecniche di screening comincino a dare i loro frutti.

Un esempio sono le scoperte dei meccanismi biologici della depressione grazie a sofisticate tecniche di scansione del cervello. A questo proposito Helen Mayberg ha identificato due circuiti diversi e cruciali al fine di decidere l’approccio terapeutico di scelta nei pazienti depressi.

Secondo i risultati di questa ricerca, i pazienti che presentano una bassa attività di base a livello dell’insula anteriore, risponderebbero bene alla terapia cognitiva. Al contrario, i pazienti con un’attività al di sopra della media rispondono bene ai farmaci antidepressivi.

Basi biologiche dei disturbi mentali

Nelle basi biologiche dei disturbi mentali occorre necessariamente fare riferimento alla genetica. Sappiamo che alcune caratteristiche genetiche intervengono nell’eziopatogenesi delle malattie mentali (probabilità di sviluppare una patologia). Al momento non si può parlare di geni precisi, ma soltanto di loci candidati. La strada da percorrere è ancora in salita.

Studio 1

Uno studio recente dell’equipe di Marian L. Hamshere evidenzia il legame genetico tra il disturbo infantile da deficit dell’attenzione/iperattività e la schizofrenia e il disturbo bipolare negli adulti.

Quasi contemporaneamente, un articolo pubblicato sulla rivista The Lancet mostra che cinque disturbi psichiatrici dell’età infantile o adulta (disturbo da deficit di attenzione, disturbo bipolare, autismo, depressione e schizofrenia) condividono comuni fattori genetici di rischio.

Variazioni genetiche a carico dei canali del calcio sembrano essere decisive in tutti e cinque i disturbi; questa scoperta apre nuove strade di sviluppo di psicofarmaci sulla base di nuovi bersagli molecolari.

Studio 2

Un altro campo di ricerca studia l’influenza delle mutazioni genetiche sullo sviluppo del cervello. Ricercatori come Murdoch e State sono autori della scoperta di un importante numero di mutazioni del cromosoma 7.

Una copia extra di un segmento di questo cromosoma aumenta notevolmente il rischio di autismo, disturbo caratterizzato da una tendenza all’isolamento sociale. Fatto ancora più interessante, la perdita dello stesso segmento provocherebbe la sindrome di Williams, caratterizzata, al contrario, da un’intensa socializzazione.

Il segmento del cromosoma 7 interessato contiene solo 25 dei quasi 21 mila geni che costituiscono il genoma umano. Sebbene la quantità di geni sia piccola, una copia in più o in meno del segmento porta a differenze profonde e decisive sul nostro comportamento sociale.

Questa è un’ulteriore prova della natura biologica dei disturbi psichici; dimostra, inoltre, che determinate alterazioni a livello mentale, come la schizofrenia o la depressione, hanno un’importante componente genetica.

“Eravamo abituati a pensare che il destino dell’uomo fosse scritto nelle stelle. Ora sappiamo che, in larga misura, è scritto nei nostri geni.”

-James Watson-

Eredità genetica

La psichiatria biologica, una promessa per il futuro

I progressi della psichiatria biologica continuano ad andare a braccetto con lo sviluppo tecnologico. Nel prossimo futuro otterremo un gran numero di informazioni sul cervello grazie alla nanotecnologia, la microelettronica e la biologia sintetica.

Neuroscienziati e ricercatori avranno a disposizione tecnologie in fase di sviluppo come i nano sensori, le fibre ottiche wireless e le cellule sintetiche ideate per penetrare nel tessuto cerebrale e riportare come e quando i neuroni rispondono ai vari stimoli.

Questa è l’essenza del progetto internazionale chiamato Brain, simile a quello del genoma umano che ha tanto contribuito nel campo della scienza e quello della genetica in particolare.


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