Sindrome della capanna: paura di uscire dalla quarantena
Paura all’idea di uscire nuovamente in strada. Ansia di dover riprendere i nostri impegni al di fuori delle pareti domestiche. La sensazione che in casa abbiamo tutto quello che ci serve e che, a questo punto, non cambi nulla allungare la quarantena di qualche settimana… Questa dimensione emotiva in psicologia è chiamata sindrome della capanna e, curiosamente, sta colpendo un gran numero di persone.
Vi sorprende? Chi di noi non vede l’ora di riprendere contatto con il mondo reale, la strada, la luce del sole e il tepore della città o del quartiere? Eppure, all’atto pratico, sono centinaia le persone che si sentono invadere da una sensazione di angoscia alla sola idea di varcare la soglia di casa.
La prima cosa da chiarire è che si tratta di una reazione normale: non si tratta di un disturbo psicologico. Aver trascorso tante settimane isolati ha abituato il nostro cervello a quella sicurezza che troviamo solo tra le quattro pareti domestiche.
A questo dobbiamo aggiungere un’altra considerazione: il Coronavirus non è scomparso. Il rischio di contagio è ancora presente ed è comprensibile che la paura di ammalarsi aumenti l’insicurezza e il timore di uscire. La sindrome della capanna, o cabin fever in inglese, è un’esperienza già descritta all’inizio del XX secolo. Vediamo di cosa si tratta.
Che cos’è la sindrome della capanna?
Le prime descrizioni cliniche della sindrome della capanna risalgono al 1900, epoca della corsa all’oro negli Stati Uniti. I cercatori erano costretti a passare mesi interi all’interno di una capanna.
L’isolamento, dettato dalla necessità di concentrare l’attività in determinati periodi dell’anno, faceva sentire i suoi effetti: rifiuto di tornare alla civiltà, sfiducia nei confronti del prossimo, stress e ansia.
Un quadro sintomatologico comune anche nei guardiani dei fari, prima dell’automatizzazione, e che ben si adatta all’attuale situazione di quarantena. Gli psicologi hanno quindi rispolverato la sindrome della capanna per spiegare la realtà che in questo momento molte persone stanno vivendo. Ma cos’è la cabin fever?
Come riconoscere la sindrome della capanna?
- Uno dei sintomi più comuni è la letargia. È tipico di questa condizione sentirsi stanchi, con braccia e gambe intorpidite, necessità di lunghi pisolini e difficoltà ad alzarsi al mattino.
- Si possono sperimentare sintomi cognitivi come difficoltà di concentrazione e scarsa memoria.
- Demotivazione.
- Voglia di determinati cibi per calmare l’ansia.
- La sindrome della capanna si manifesta spesso con un quadro emotivo specifico: tristezza, paura, angoscia, frustrazione.
- La caratteristica più evidente, d’altra parte, è la paura di uscire, che spesso viene camuffata. Chi soffre di questa sindrome si limita a esprimere poca voglia di uscire perché sta bene in casa, dove c’è tutto quello di cui ha bisogno.
Paura di tornare alla normalità. Che fare?
La sindrome della capanna è più diffusa di quanto non si pensi, tant’è che l’Università di Pechino ha già elaborato una scala per valutarne l’incidenza.
Non si tratta certamente di una sensazione confortevole, soprattutto in un coro di persone che morde il freno per recuperare la propria vita, la normalità, la possibilità di uscire. È importante, quindi, comprendere e rispettare l’atteggiamento di chi, in questo momento, non aspetta con piacere la fase in cui potremo riprendere contatto con il mondo esterno. Ecco alcune strategie utili da seguire.
Darsi tempo, le sensazioni provate sono comprensibili
Come abbiamo detto, la sindrome della capanna non è un disturbo psicologico. Descrive semplicemente una situazione emotiva normale dopo un contesto di isolamento durato diverse settimane. Non alimentate, quindi, paura e ansia con il pensiero di aver perso il controllo della situazione. Le emozioni che provate sono del tutto comprensibili.
La soluzione è darvi tempo. Non è obbligatorio uscire oggi se non vi va. Potete procedere a piccoli passi. Cominciate arrivando al portone di casa, apritelo senza uscire. Domani potrete fare qualche passo e tornare indietro. Quando sarete pronti, potrete azzardare una passeggiata.
Abitudini e obiettivi
Il cervello ha bisogno di routine per gestire il tempo, sentirsi al sicuro e non dare troppo spazio alla ruminazione. Per ridurre gli effetti della sindrome della capanna, provate a ridurre il tempo del riposo, evitando soprattutto di passare molte ore a letto o facendo lunghe pennichelle.
Stabilite una routine e seguitela. Dividete la giornata in momenti di lavoro o pulizia della casa, tempo per mangiare in modo sano e fare esercizio fisico. E, cosa più importante, stabilite un’ora in cui uscirete di casa.
Cercare supporto se se ne avverte il bisogno
Quando l’idea di uscire da casa terrorizza e non tende ad alleviarsi, è importante chiedere aiuto. Se sentite che vi è impossibile varcare la porta o che il semplice fatto di immaginarvi in strada vi genera ansia, potrebbe essere il caso di cercare un aiuto professionale.
Stiamo vivendo una situazione senza precedenti e in questi mesi dovremo affrontare molteplici sfide psicologiche. Dobbiamo essere preparati, diventare più sensibili, più umani e stare vicino agli altri, in modo da superare insieme questa crisi.
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- Wen Cong, Chin. (2020). Cabin Fever Scale: CFS. 10.13140/RG.2.2.13351.29606/3.