The Experiment: la natura umana
The Experiment è un film tedesco del 2001 diretto da Oliver Hirschbiegel, basato sul romanzo The black box che, a sua volta, si ispira all’esperimento condotto a Stanford nel 1971. Questo esperimento è stato al centro di molte polemiche e sebbene il film sia discosti molto dai reali fatti, ci porta a interrogarci sulla vera natura umana: siamo buoni o cattivi? Ci sono persone buone e persone cattive? Si tratta di un film in cui filosofia, etica, morale, sociologia e psicologia vanno di pari passo.
Inizia presentandoci Tarek Fahd, un tassista con problemi economici che decide di guadagnare denaro extra partecipando a un esperimento. Oltre ai soldi che l’esperimento fornirà, decide di collaborare con una testata per la quale ha già lavorato in passato e di registrare tutto quello che accade durante l’esperimento. Sono i soldi a spingere i partecipanti a collaborare come cavie in un esperimento che finirà per distruggere le loro vite.
Un tassista, un dipendente di una compagnia aerea, un dirigente, un imitatore di Elvis, ecc. Tutti loro in cerca di una nuova esperienza e, soprattutto, di un compenso economico. Verranno sottoposti a vari test psicologici e numerosi colloqui grazie ai quali verrà assegnato a ciascuno un ruolo: carceriere o prigioniero. Alcuni partecipanti si mostrano insicuri, altri invece grande autostima… Tutto ciò aiuterà i medici ad assegnare determinati ruoli.
Nessuno dei partecipanti è mai stato in prigione, nessuno di loro sembra essere una persona al di fuori del “normale”; ognuno ha una professione, una famiglia… In breve, vite comuni. Quando si conoscono nella sala d’attesa, prima di scoprire i ruoli che gli verranno assegnati, sembrano tutti interessati a conoscersi e a intavolare una conversazione gradevole. Tuttavia, quello che all’inizio sembrava un semplice gioco, finirà per diventare un vero incubo che ci farà ripensare ad alcune questioni relative alla natura umana.
“L’uomo non dovrebbe intervenire sulla natura, ma lo fa sempre”.
–The Experiment–
L’esperimento della prigione di Stanford
L’esperimento su cui si basa il film venne condotto presso la Stanford University (Stati Uniti) nel 1971; con a capo il professor Zimbardo, vi parteciparono 24 studenti, tutti psicologicamente stabili. Durante l’esperimento, però, ogni partecipante si immerse totalmente nel ruolo che gli era stato assegnato.
Questo esperimento è fortemente criticato per aver superato i limiti etici, ma i risultati sono stati così sorprendenti da farci riflettere sul nostro ruolo nella società. Com’è possibile che individui completamente normali e sani finiscano per cadere nel sadismo e nella violenza estrema? Cosa succede quando priviamo un individuo della sua libertà?
Molti dei partecipanti riportarono gravi conseguenze psicologiche; chi aveva assunto il ruolo di prigionieri in seguito mostrarono rassegnazione e sottomissione, dal canto loro le guardie iniziarono ad abusare del loro potere e ad applicare punizioni veramente crudeli. Il film ci mostra tutto ciò, ma con alcune differenze:
- Nell’esperimento originale i ruoli vennero assegnati in modo casuale, mentre nel film i partecipanti vengono sottoposti a previ test.
- Nell’esperimento di Stanford i detenuti erano stati arrestati come se avessero commesso un vero crimine. Questo non accade nel film, nel quale tale ruolo viene assegnato dopo aver accettato di partecipare.
- Nel film l’unica sicurezza che osserviamo è quella delle telecamere di sorveglianza e dei tre medici che supervisionano l’esperimento senza intervenire. A Stanford, Zimbardo stesso partecipò come sovrintendente e c’erano due poliziotti veri.
The Experiment e i ruoli sociali
The Experiment ci porta in una prigione fittizia, gli scenari sono freddi, sono davvero pochi i colori caldi, anche prima che inizi l’esperimento. I 20 partecipanti dovranno trascorrere 14 giorni in un carcere fittizio; i carcerieri non riceveranno alcun ordine, tranne che per un piccolo regolamento del carcere, saranno liberi di agire come ritengono opportuno quando un detenuto non obbedisce, anche se vengono avvertiti di non dover ricorrere alla violenza.
I detenuti, d’altra parte, sono totalmente privati della loro identità; passano dall’avere un nome all’essere un semplice numero, devono rinunciare alla biancheria intima e indossare solo una tunica sottile, mentre i carcerieri hanno un’uniforme. Inizialmente molti di loro prendono la situazione come uno scherzo, pensano che sia solo un gioco e che in pochi giorni potranno tornare a casa e riprendere la loro vita in tutta tranquillità (e con più soldi in tasca).
“Non sarà traumatico, né dovrete assumere farmaci. Studieremo le vostre reazioni fingendo una situazione di prigionia.”
-The Experiment-
Tuttavia, dal momento in cui vengono assegnati i ruoli, vediamo che alcuni partecipanti iniziano a prenderlo sul serio diventando più sottomessi (se prigionieri) o più aggressivi e autoritari (se carcerieri). Il film diventa sempre più drammatico e claustrofobico, mostrandoci il sadismo, l’abuso di potere dei carcerieri e la sofferenza dei prigionieri.
Alcuni dei detenuti trovano più difficile assumere il loro ruolo; tuttavia i carcerieri sembrano sentirsi a proprio agio nel loro. Molti di loro sono genitori, hanno una famiglia, un buon lavoro… ma in una situazione di potere si ritrovano ad agire in un modo che non avrebbero mai potuto immaginare, raggiungendo la violenza più estrema e sottoponendo i detenuti a pratiche atroci.
“Avete visto? Fanno tutto quello che gli diciamo noi.”
–The Experiment–
Con il passare dei giorni la situazione diventa sempre più complicata, gli abusi e la sofferenza dei prigionieri va aumentando. In un certo senso, Tarek favorisce alcune di queste situazioni cercando di registrare una buona storia per il suo giornale, anche se vediamo che le delusioni e le idee di possibili cospirazioni si impossessano di tutti i partecipanti, facendoli agire nel modo più insospettato.
Tra i personaggi che più attira la nostra attenzione vi è Berus, un uomo che lavora per una compagnia aerea. Sarà la più crudele delle guardie, diventerà il leader del gruppo di carcerieri; una leadership che gli altri accetteranno senza domande.
The Experiment presenta una società privata della libertà, dove le persone si riducono a numeri perdendo la propria identità; viene assegnato un ruolo e, di conseguenza, si agisce in base a esso; anche sapendo che è irreale, i partecipanti finiscono per calarsi totalmente in quel ruolo.
Per quanto possiamo credere di conoscerci alla perfezione, non possiamo prevedere come agiremo in una situazione incontrollata o fuori dall’ordinario. Sembra che molti di noi credano che ci siano persone buone e persone cattive; e sicuramente non consideriamo noi stessi persone cattive, ma conosciamo davvero la nostra natura?
Il film e l’esperimento ci portano a chiederci se siamo davvero liberi, se abbiamo quel libero arbitrio di cui si è tanto parlato in filosofia, se conosciamo la natura umana… Agiamo con totale libertà? Forse, semplicemente, siamo vittime di un ruolo che ci è stato assegnato e agiamo di conseguenza. The experiment ci invita a considerare una miriade di questioni sulla nostra natura e la nostra libertà.
“Ho il libero arbitrio, ma non perché l’ho scelto. Non ho mai scelto liberamente di avere il libero arbitrio. Pertanto, ho il libero arbitrio; lo voglio o no.”
-Raymond Smullyan-