Trattare le ossessioni pure
Il disturbo ossessivo compulsivo è una categoria diagnostica riservata a quei casi in cui il paziente manifesta ossessioni e compulsioni. In alcuni casi meno diffusi, presenta solo ossessioni, noto come DOC puro, o ossessioni pure. Come trattare le ossessioni pure?
Le ossessioni possono essere definite come pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti che vengono vissuti, nel contesto del disturbo, come intrusivi o indesiderati e che nella maggior parte dei soggetti provocano ansia o disagio significativi.
La persona che soffre di ossessioni, a causa dell’intenso disagio provato, cerca con tutti i mezzi di ignorare o sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini o neutralizzarli con qualche altro pensiero o atto, ovvero eseguendo una compulsione.
Le compulsioni di solito donano sollievo a brevissimo termine. L’ansia o la tensione provocata dalle ossessioni è rafforzata negativamente dal comportamento compulsivo.
Di conseguenza, mantengono il problema e lo rendono cronico, perché il paziente impara che rappresenta l’unico mezzo a sua disposizione per liberarsi dell’ansia e dei pensieri spiacevoli che popolano la sua mente.
Le compulsioni in genere non sono collegate in modo realistico al fatto temuto oppure sono chiaramente eccessive. Per esempio, l’individuo può credere che se si schiaffeggia le mani tre volte quando esce ed entra dalla porta di casa, il marito non avrà un incidente stradale andando al lavoro.
I casi in cui i pazienti che non manifestano questa sintomatologia, ovvero non ricorrono a compulsioni per calmare il proprio disagio, sono più complessi. Il trattamento per le ossessioni pure è più difficile, ma ora sono disponibili diverse tecniche psicologiche.
L’abitudine è il segreto per trattare le ossessioni pure
Il fatto che le ossessioni siano rafforzate in modo negativo dall’associazione alle compulsioni porta alla non-abitudine all’ansia o alla paura che le stesse generano.
Le ossessioni vengono così alimentate e, nutrendole progressivamente, crescono. Allo stesso modo, il trattamento dei disturbi ossessivi puri si basa sull’abitudine, e perché ciò avvenga è fondamentale esporsi alle proprie ossessioni.
I pazienti sono spesso refrattari all’esposizione. L’esposizione con prevenzione della risposta può portare a un rifiuto significativo e persino all’abbandono del trattamento. Senz’altro uno svantaggio.
Tuttavia, a oggi l’evidenza empirica dimostra che si tratta della terapia che registra maggiori successi tra i pazienti che la portano a termine.
Per contrastare questo svantaggio, è fondamentale adattarsi alla capacità del paziente di tollerare l’ansia e rispettare la finestra terapeutica che gli consente di abituarsi, ma senza diventare troppo terrificante. La virtù sta nel mezzo.
Lo scopo, infine, è che la persona si esponga ai propri pensieri o immagini in modo tale che, volontariamente, debba tirarli fuori e “guardarli negli occhi”. L’allenamento all’abitudine nasce dalla ricerca di Salkowski e Westbrock.
Di solito si esegue utilizzando una cassetta audio, in cui il paziente registra le proprie ossessioni pure e le ascolta ripetutamente fino ad abituarcisi. La prevedibilità degli stimoli a cui il soggetto è esposto è il fattore chiave del trattamento. Attraverso la registrazione, il paziente può prevedere cosa sentirà, contrariamente a quanto accade con le ossessioni pure, che sono imprevedibili.
Oltre alla registrazione audio, è possibile utilizzare altre strategie per presentare i pensieri in modo prevedibile: evocarli deliberatamente narrandoli in seduta o mettendoli per iscritto e rileggendoli fino a quando l’ansia non si placa.
È necessario spiegare in dettaglio al paziente come funziona l’ansia e come l’abitudine segue una curva in cui prima aumenta, ma poi inizia a diminuire. La psicoeducazione facilita l’adesione e il successo della terapia per trattare le ossessioni pure.
La curva dell’ansia
La curva caratteristica dell’ansia ha la forma di una “U rovesciata”. Come abbiamo già notato, quando una persona è esposta alle proprie paure (sia attraverso immagini, dal vivo o, nel caso di DOC puro, registrandole o scrivendole) sperimenta un sostanziale aumento dell’ansia.
Questo momento è fondamentale perché il paziente pensa di stare peggio e di avere ragione, dunque si sente molto più ansioso. Ma quella brutta salita è finita. Fisiologicamente e inevitabilmente, l’aumento dell’ansia ha un limite.
Quando questo disagio raggiunge il punto massimo e se il paziente non esegue alcun rituale, comportamento di sicurezza o qualsiasi altro tipo di evitamento, l’ansia inizierà a diminuire progressivamente. Com’è possibile? Innanzitutto, a livello emotivo, l’ansia o qualsiasi altra emozione seguono lo stesso schema. Non si conosce nessun caso in cui l’emozione aumenti fino ad uccidere qualcuno. Tutt’altro.
D’altra parte, il semplice fatto di prendere coscienza del fatto che le nostre cognizioni non sono realistiche ci permette di modificarle per renderle più moderate. Ciò porta progressivamente l’ansia ad allentare le proprie catene.
In definitiva, la persistenza è la chiave del successo per trattare le ossessioni pure. Brevi esposizioni, di fatto, possono produrre un effetto iatrogeno per cui il paziente non solo non supererà la sua paura, ma questa potrebbe persino aumentare.
Tollerare l’ansia, nonostante il disagio che può derivare dall’esposizione, permette di uscire vittoriosi da quelle pugnalate mentali chiamate ossessioni.
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