Carl Gustav Jung e la sua eredità nella psicologia spirituale
L’opera di C.G. Jung è un processo di ricerca costante, una meravigliosa alchimia tra psicologia analitica, antropologia e filosofia che ci ha lasciato concetti interessantissimi quali “l’inconscio collettivo”, “gli archetipi”, “la sincronicità”, oltre alle basi di un’eredità spirituale in cui si nasconde un intero ventaglio di idee.
Quando si parla di psichiatri famosi, il primo a cui la maggior parte delle persone pensa è l’icona Sigmund Freud. Tuttavia, per molti, è stato Carl Gustav Jung a lasciare un’impronta molto più profonda nello studio della personalità e della psiche umana.
“Se sei una persona di talento, non significa che tu abbia ricevuto qualcosa, ma che c’è qualcosa che puoi fare”.
(Carl Gustav Jung)
Va detto che, nonostante Jung e Freud negli ultimi anni lavorassero in stretta collaborazione, il fatto che quest’ultimo vedesse la sessualità come il vero fattore rilevante dietro al comportamento umano non è mai stato ben accolto dallo psichiatra svizzero.
Nella mente prodigiosa del fondatore della psicologia analitica, c’erano molti più dubbi che oltrepassavano le basi teoriche su cui si muoveva Freud. Nonostante fosse uno psicologo clinico pratico e teorico, dedicò la maggior parte della sua vita anche all’esplorazione di altri regni, a lasciarsi conquistare dalla filosofia orientale e occidentale, dalle arti, dalla letteratura, dall’astrologia, dalla sociologia e persino dall’alchimia.
Lasciò un’eredità di sapere ancora interessantissima di cui vogliamo parlarvi nelle prossime righe.
Il sogno d’infanzia che gli aprì gli occhi
Una volta Carl Gustav Jung disse che l’essere umano nasce tre volte. La prima è la nascita reale e fisica. La seconda si ha con lo sviluppo dell’ego e la terza conforma l’origine di ciò che egli chiamò “coscienza spirituale”. Secondo Jung, quest’ultimo passo non avverrà mai se la persona si concentra solo sull’ego, sui suoi condizionamenti appresi o su quei rigidi modelli mentali assai poco ricettivi.
“Il sogno è una piccola porta nascosta nel più profondo ed intimo santuario dell’anima”.
(Carl Gustav Jung)
Tuttavia, pare che lo psichiatra svizzero abbia sperimentato questo terzo “risveglio” da bambino grazie ad un sogno strano, simbolico e, allo stesso tempo, affascinante. Sognò un’ampia sala con un tappeto rosso su cui si trovava uno strano essere seduto su un trono. Era un mostro con le sembianze di un albero e con un immenso occhio al centro del busto. Aveva la pelle di un uomo e reagì appena quando il piccolo Gustav Jung iniziò ad avvicinarglisi. Poco dopo, il piccolo udì la voce di sua madre che, dal fondo di un fosso vicino, gli gridava di non approssimarsi, perché quello era un mangiatore di uomini.
Anche se in un primo momento quel sogno fu letto come un terribile incubo, ben presto in Jung si svegliò un profondo interesse per il mondo onirico e la sua simbologia. Anni dopo, si rese conto che quel sogno fu come una chiamata, un invito diretto ad effettuare delle ricerche su quello che verrà poi chiamato “l’inconscio”.
L’eredità spirituale di Jung
Anche se la prospettiva clinica adottata da Jung si basava su una psichiatria molto teorica, egli chiarì sempre che non voleva limitarsi a tale visione ridotta e limitata nel campo della conoscenza umana. Ben presto integrò alle sue teorie fondamentali sull’antropologia concetti d’arte, di spiritualità e di quell’eredità culturale in cui si celavano idee rivoluzionarie sul regno dell’inconscio.
- Jung studiò a fondo il cristianesimo, l’induismo, il buddismo, l’agnosticismo, il taoismo e altre tradizioni, poiché per lui la spiritualità costituiva la radice stessa della vita psichica.
- Un suo concetto base prevedeva che, per comprendere la mente umana, andassero studiati anche i suoi prodotti, ovvero la produzione culturale.
- Spesso asserì che ogni esperienza spirituale fosse essenziale per favorire il nostro benessere, pensiero su cui Sigmund Freud non era d’accordo.
- Nel 1944, Jung pubblicò “Psicologia e alchimia” per dimostrare che in molti dei nostri sogni più comuni si nascondono simboli usati dagli alchimisti, oltre ad immagini mitologiche che tutti teniamo registrate nel nostro inconscio.
Con queste idee, Jung rafforzava il carattere universale della sua teoria sull’archetipo, difendendo anche il valore della spiritualità in quanto strumento per migliorare la salute psichica dell’uomo moderno.
Jung e lo studio dei mandala
Carl Gustav Jung, nella sua infinita passione per il sapere legato alle nostre culture ancestrali, non ci mise molto a scoprire gli effetti psicologici dei mandala, mentre affrontava lo studio delle religioni orientali.
- Come Jung ebbe modo di spiegare in varie occasioni, il mandala risponde ad un disegno geometrico sacro, in grado di produrre qualcosa di rivoluzionario e, allo stesso tempo, terapeutico dentro di noi.
- Ogni figura a forma di cerchio non solo rappresenta una riproduzione del cosmo, ma è anche un invito diretto ad ascoltare la nostra essenza, a ricreare l’armonia e a favorire un risveglio, una crescita.
Jung fece uso dei mandala con i suoi pazienti per aiutarli ad ascoltare la loro voce interiore. Si trattava di un modo per decentralizzare l’ego, per spezzare il rumore dei pensieri ossessivi, affinché il soggetto trovasse nuove vie di liberazione e si avvicinasse ad un nuovo stato di coscienza.
“Quello che neghi ti sottomette, quello che accetti ti trasforma”
(Carl Gustav Jung)
Per concludere, l’eredità di Carl Gustav Jung è senz’altro tra le più vaste e ricche in termini di sapere, prospettiva e concezioni. Anche se i suoi contributi teorici sono ancora molto presenti nel campo della psicanalisi, oggigiorno ci sono persone che preferiscono focalizzarsi solo sulle sue idee spiritualiste.
Dal canto nostro, desideriamo invitarvi a conoscere tutte le sue opere e a non limitarvi ad una sola area. Libri come “Il libro rosso”, “L’uomo e i suoi simboli”, o “Ricordi, sogni, riflessioni” sono testimoni di una prospettiva multidisciplinare, di un ventaglio di conoscenza e risvegli che al giorno d’oggi continuano ad ispirare esperti, curiosi e profani.