Piaget e la sua teoria dell'apprendimento

Piaget e la sua teoria dell'apprendimento

Ultimo aggiornamento: 14 settembre, 2019

Jean Piaget è uno dei nomi scritti a lettere d’oro nel mondo della psicologia. Al giorno d’oggi è considerato il padre della pedagogia moderna grazie alla sua teoria dell’apprendimento cognitivo infantile. Scoprì che i principi della nostra logica iniziano a definirsi prima dell’acquisizione del linguaggio, generandosi tramite l’attività sensoriale e motoria in interazione con l’ambiente, soprattutto quello socioculturale.

Lo sviluppo psichico, che inizia con la nascita e termina in età adulta, può essere paragonato alla crescita biologica: come quest’ultima, consiste essenzialmente in un movimento verso l’equilibrio. Così come il corpo evolve fino a raggiungere un livello relativamente stabile, caratterizzato dalla fine della crescita e dalla maturità degli organi, anche la vita mentale può essere concepita come un’evoluzione verso una forma di equilibrio finale, rappresentata dalla persona adulta.

La sua influenza sulla psicologia dell’apprendimento parte dalla considerazione che quest’ultimo avviene tramite lo sviluppo mentale, il linguaggio, il gioco e la comprensione. Per questo motivo, il primo compito dell’educatore è quello di generare interesse come strumento con il quale poter comprendere l’alunno ed interagire con lui. Queste ricerche, condotte durante una quarantina d’anni, non hanno l’unico obiettivo di conoscere meglio il bambino e perfezionare i metodi pedagogici o educativo, bensì includono anche la persona.

“L’obiettivo principale dell’educazione a scuola dovrebbe essere la creazione di uomini e donne capaci di fare cose nuove, non soltanto di ripetere quello che hanno fatto le generazioni passate; uomini e donne creativi, fantasiosi e scopritori, che possano essere critici, verificare e non accettare tutto quello che viene offerto loro”

-Jean Piaget-

L’idea principale di Piaget è che risulta indispensabile comprendere la formazione dei meccanismi mentali del bambino per captarne la natura ed il funzionamento da adulto. La sua teorizzazione pedagogica si basò sulla psicologia, sulla logica e sulla biologia. Queste tre dimensioni entrano nella sua definizione dell’atto di pensare, la quale parte da pilastri condizionati dalla genetica e si costruisce tramite stimoli socioculturali.  

In questo modo si configurano le informazioni che la persona riceve. Queste informazioni vengono apprese sempre in modo attivo, per quanto inconsapevole e passiva possa sembrare l’elaborazione delle informazioni.

Impariamo ad adattarci

Secondo la teoria dell’apprendimento di Piaget, l’apprendimento è un processo che ha senso solo in situazioni di cambiamento. Per questo motivo, imparare è in parte sapersi adattare a queste novità. Questa teoria spiega la dinamica di adattamento tramite i processi di assimilazione e accomodamento.  

L’assimilazione si riferisce al modo in cui un organismo affronta uno stimolo proveniente dall’ambiente circostante in termini di organizzazione attuale; l’accomodamento, invece, implica una modifica dell’organizzazione attuale in risposta alle richieste dell’ambiente circostante. Tramite l’assimilazione e l’accomodamento, ristrutturiamo a livello cognitivo il nostro apprendimento nel corso dello sviluppo (ristrutturazione cognitiva).

L’accomodamento, o accomodazione, è il processo tramite il quale il soggetto modifica i suoi schemi, le sue strutture cognitive, per potervi incorporare nuovi oggetti. È possibile riuscirci a partire dalla creazione di un nuovo schema o dalla modifica di uno schema già esistente, in modo che il nuovo stimolo e il suo comportamento naturale ed associato possano integrarsi come parte dello stesso.

Assimilazione e accomodamento sono due processi invarianti durante lo sviluppo cognitivo. Per Piaget, questi due elementi interagiscono a vicenda in un processo di equilibrazione, che, ad un livello più alto, può essere considerato di natura regolatoria, poiché dirige la relazione tra l’assimilazione e l’accomodamento.

John Lennon diceva che la vita è quello che succede mentre siamo occupati a fare altri progetti, e molte volte sembra proprio essere così. Gli esseri umani hanno bisogno di una certa sicurezza per vivere tranquilli e per questo creano l’illusione della permanenza, che tutto è statico e non cambia mai, ma la realtà è ben diversa. Ogni cosa è in perenne cambiamento, inclusi noi, ma non ne siamo coscienti, finché il cambiamento non è così evidente da non aver altro rimedio che affrontarlo.  

“L’intelligenza è quello che usi quando non sai cosa fare”
-Jean Piaget-

Socializziamo tramite il linguaggio

Durante la prima infanzia, assistiamo ad una trasformazione dell’intelligenza. Da senso-motoria o pratica, si trasforma in pensiero propriamente detto, sotto la doppia influenza del linguaggio e della socializzazione.

Il linguaggio, prima di tutto, permettendo al soggetto di esplicare le sue azioni, facilita la ricostruzione del passato e, pertanto, in sua assenza evochiamo gli oggetti verso i quali sono state dirette le nostre condotte anteriori.

Ci consente anche di anticipare le azioni future, ancora non eseguite, fino a sostituirle talvolta solo con la parola, senza realizzarle. Questo è il punto di partenza del pensiero in quanto processo cognitivo e anche del pensiero di Piaget (Piaget 1991).

Il linguaggio riunisce, infatti, concetti e nozioni che appartengono a tutti e che rafforzano il pensiero individuale tramite un ampio sistema di pensiero collettivo. In questo ultimo pensiero è virtualmente sommerso il bambino quando riesce a dominare la parola.  

In questo senso, con il pensiero accade lo stesso della condotta considerata a livello globale. Invece di adattarsi totalmente alle nuove realtà che scopre e che costruisce progressivamente, il soggetto deve iniziare da una laboriosa incorporazione dei dati al suo Io e alla sua attività, e tale assimilazione egocentrica caratterizza sia gli inizi del pensiero del bambino sia quelli della sua socializzazione.  

Il comportamento come motore dell’evoluzione

Nel 1976 Piaget pubblico un libricino intitolato “Il comportamento, motore dell’evoluzione”. In esso espone una prospettiva riguardo la funzione del comportamento come fattore determinante del cambiamento evolutivo e non come mero prodotto dello stesso, che sarebbe il risultato di meccanismi indipendenti dell’azione degli organismi.  

Piaget, principalmente, mette in discussione le posizioni neodarwiniane, poiché ritiene che l’evoluzione biologica non si produca solo tramite selezione naturale, intesa esclusivamente come il prodotto di una variabilità genetica casuale e tassi differenziali di sopravvivenza e riproduzione in funzione di vantaggi adattativi verificatisi a posteriori.

Secondo questa prospettiva, si tratterebbe di un processo indipendente alle condotte dell’organismo e verrebbe spiegato solo dalle conseguenze, favorevoli o sfavorevoli, dei cambiamenti fenotipici causati da mutazioni assolutamente incerte e dalla loro trasmissione nel corso delle generazioni.

Il comportamento per Piaget rappresenta una manifestazione della dinamica globale dell’organismo come sistema aperto in costante interazione con l’ambiente circostante. Sarebbe anche un fattore del cambiamento evolutivo, e per provare a spiegare i meccanismi per i quali il comportamento compierebbe tale funzione, ricorre al concetto di epigenesi e al suo modello esplicativo dell’adattamento in termini di assimilazione e accomodamento. Per epigenesi si intende la reciproca interazione tra genotipo e ambiente per costruire il fenotipo in funzione dell’esperienza.

“Quando insegni qualcosa ad un bambino, lo privi per sempre dell’opportunità di scoprirlo da sé”

-Jean Piaget-

Piaget sostiene che ogni condotta implica il necessario intervento di fattori interni. Indica anche che ogni comportamento animale, incluso quello umano, include un accomodamento alle condizioni dell’ambiente circostante, così come la sua assimilazione cognitiva, intesa come integrazione ad una previa struttura comportamentale.

Contributi di Piaget all’attuale educazione

I contributi di Piaget all’educazione sono considerati di estrema importanza per la teoria dell’educazione. Piaget è il fondatore della psicologia genetica, la quale ha influenzato significativamente la teoria e la pratica educativa generatasi attorno ad essa, sebbene sia cambiata nel tempo dando luogo a diverse formulazioni. Va notato che sono stati realizzati numerosi lavori a partire dagli apporti di Piaget.

Il lavoro di Jean Piaget consiste nelle sue scoperte del pensare umano da una prospettiva biologica, psicologica e logica. È necessario chiarire che il concetto di “psicologia genetica” non è applicato in un contesto nettamente biologico o fisiologico, poiché non si riferisce né si basa sui geni; viene definita “genetica” più che altro perché il suo lavoro riguarda la genesi, l’origine o il principio del pensiero umano.

Uno dei grandi contributi di Piaget all’attuale educazione consiste nell’aver gettato le fondamenta dell’idea secondo cui durante i primi anni di educazione del bambino, l’obiettivo che si persegue è il raggiungimento dello sviluppo cognitivo, in definitiva del primo apprendimento. A tale scopo, è indispensabile e complementare quello che la famiglia ha insegnato al bambino e stimolato in lui, avendo questi appreso alcune regole e norme che gli permettono di assimilare in un ambiente scolastico.

Un altro contributo di Piaget, che possiamo vedere riflesso al giorno d’oggi in alcune scuole, è che la teoria impartita a lezione non è sufficiente per dire che l’argomento sia stato assimilato e appreso. In questo senso, l’apprendimento include vari metodi di pedagogia come l’applicazione delle conoscenze, la sperimentazione e la dimostrazione.  

“Il secondo obiettivo dell’educazione è formare menti che possano essere critiche, che possano verificare e non accettare tutto quello che viene offerto loro. Il grande pericolo di oggi sono i lemmi, le opinioni collettive, le tendenze di pensiero. Dobbiamo essere capaci di opporci in modo individuale per criticare, per distinguere tra quello che va bene e quello che non va bene”

-Jean Piaget-

La meta principale dell’educazione è creare persone che siano capaci di innovare, non solo di ripetere quello che altre generazioni hanno fatto. Persone che siano creative, fantasiose e scopritrici. La seconda meta dell’educazione è formare menti che siano critiche, che possano verificare e non accettare tutto quello che viene trasmesso loro come valido o veritiero (Piaget, 1985).

Ripercorrere la teoria di Piaget permetterebbe a qualsiasi professore di scoprire come evolve la mente degli alunni. L’idea centrale della teoria di Piaget è che la conoscenza non è una copia della realtà, ma il prodotto di una interrelazione della persona con il suo ambiente. Sarà, dunque, sempre individuale, particolare e peculiare.

Bibliografia

Piaget, J.  Il giudizio morale nel bambino. Giunti

Piaget, J. La costruzione del reale nel bambino. La nuova Italia

Piaget, J. Psicologia e pedagogia. Loescher

Piaget, J. Six Psychological Studies. Vintage Books

Piaget, J., & Inhelder, B. La psicologia del bambino. Piccola Biblioteca Einaudi NS


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