Privacy mentale e neurodiritti
In un futuro non troppo lontano la privacy mentale sarà un principio indiscutibile e godremo tutti di neurodiritti. Lo scopo sarà salvaguardare la nostra identità mentale e cognitiva, ovvero il diritto che nessuno abbia accesso o manipoli i nostri pensieri, emozioni, ricordi, ecc.
Potrebbe sembrare fantascienza, la sceneggiatura di un film di Christopher Nolan o Steven Spielberg. Tuttavia, ciò che ci sembra impossibile in questo momento sta già accadendo in modo impercettibile.
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, pensiamo alle numerose applicazioni che installiamo sul cellulare. L’intelligenza artificiale e gli algoritmi di Instagram o Facebook, ad esempio, sono sempre più sofisticati. Al punto da poter analizzare ed elaborare tutto quello che facciamo.
Possono persino sapere qual è il nostro stato d’animo in base ai contenuti che visualizziamo o come reagiamo ai post. Comprendendo se siamo tristi o annoiati, possono presentarci pubblicità su misura per le nostre esigenze.
Ciò può sembrarci curioso e persino normale, in realtà supera un principio fondamentale: quello della nostra privacy mentale. Perché devono sapere come ci sentiamo? Le nostre emozioni non sono forse intime?
Potrebbe venire un giorno in cui i criminali informatici avranno accesso ai nostri pensieri. È tempo di legiferare su questa materia. Sebbene ci sembri fantascienza, può diventare realtà.
Il lato oscuro della neurotecnologia
Rafael Yuste è un importante neurobiologo spagnolo che lavora come docente presso il Center for NeuroTechnology della Columbia University, New York.
Ha partecipato anche al progetto BRAIN, iniziativa volta a conoscere a fondo il cervello umano. Non molto tempo fa, lo stesso Dr. Yuste ha presentato dei dati decisivi.
I progressi in termini di intelligenza artificiale sono inarrestabili e ciò può rappresentare un grande rischio. Per cominciare, già ora stiamo assistendo al grande salto neurotecnologico.
La manipolazione del cervello tramite gadget tecnologici ci consentirà presto di curare di tutto, dagli ictus alle malattie neurologiche come il Parkinson. Il Dr. Yuste mira, inoltre, a monitorare l’attività cognitiva per capire cosa pensiamo, proviamo, apprendiamo, ricordiamo, etc.
Cosa accadrebbe se in futuro qualcuno usasse questa tecnologia contro di noi? E se riuscissero a capire come manipolare i nostri pensieri?
Privacy mentale: quando il progresso della scienza richiede una nuova legislazione
La privacy mentale definisce il diritto indiscutibile di salvaguardare pensieri ed emozioni. Niente è così privato, intimo e nostro come i contenuti del nostro cervello.
Questa è senza dubbio l’ultima frontiera che gli esseri umani devono ancora attraversare, eppure la scienza sta per raggiungerla. Stiamo decodificando l’attività cerebrale e ciò si traduce in grandi progressi per la medicina.
L’obiettivo è dare speranza, riabilitare la persona che ha subito un trauma cranio-cerebrale o un ictus. Ripristinare la vista, i ricordi, forse scoprire come curare l’Alzheimer, etc. Le possibilità sono infinite, ma anche le sfide associate sono immense.
Lavori di ricerca come quello svolto nel dipartimento di scienze e tecnologie della salute a Zurigo, Svizzera, approfondiscono il tema dei neurodiritti e della privacy mentale.
Si sottolinea il bisogno di emanare quanto prima delle leggi per la protezione e la conservazione del cervello e della mente umani.
Potrebbe arrivare il giorno in cui, grazie ai dispositivi elettronici, emozioni, ricordi e pensieri potrebbero essere alla portata di tutti. Dobbiamo iniziare a prenderne coscienza per adottare misure di protezione e adeguare un codice legale che risponda a questa realtà.
Stanno già violando la nostra privacy mentale
Rafael Yuste è in questo momento il principale difensore internazionale di neurodiritti e privacy mentale. Svolge la sua attività attraverso l’agenzia NeuroRights Initiative.
Egli stesso è testimone e promotore dei progressi nella comprensione del cervello umano, dunque sa bene i rischi associati che potrebbero presentarsi in futuro.
Tuttavia, facciamo attenzione. Perché la verità è che la nostra privacy mentale è già violata quotidianamente in molteplici modi.
Dal momento in cui accettiamo le clausole di utilizzo di un’applicazione, siamo costantemente sotto la lente di ingrandimento. Analizzano comportamento, personalità, emozioni, desideri e persino intenzioni. Siamo soggetti sperimentali per grandi aziende tecnologiche e questo sta già accadendo in questo momento.
In cosa consisteranno i neurodiritti?
Elon Musk sta sviluppando interfacce che si collegheranno al cervello per curare lesioni o migliorare determinate funzioni. Neuralink sta facendo passi da gigante anche sulla scia di numerosi dibattiti medici, filosofici e legislativi.
Nonostante tutto ciò ci sembri l’argomento di un episodio di Black Mirror, è una realtà imminente. È necessario salvaguardare la nostra privacy mentale e legiferare quanto prima sui neurodiritti. Vediamo in cosa consistono:
- Salvaguardare la nostra identità. In altre parole, proteggiamo la nostra capacità di pensare e sentirc noi stessi, indipendentemente dalle neurotecnologie che possono essere applicate a noi. Significa anche proteggere i nostri ricordi in modo che nessuno possa accedervi.
- Libero arbitrio. È definito come il bisogno di prendere decisioni senza essere manipolati da nessuno.
- Limiti al doping cognitivo. Questo argomento è interessante. Si ritiene che in futuro la tecnologia ci consentirà di potenziare le funzioni cognitive come la capacità di apprendere, ricordare, ecc. Forse è il momento di pensare se sia opportuno stabilire un limite.
Conclusioni
Gli aspetti esposti in questo articolo rappresentano a oggi i punti salienti, ma è facile supporre che se ne presenteranno altri in futuro.
Come sottolinea il Dott. Yuste, governi devono monitorare i progressi della scienza e della tecnologia per rispondere e prevenire possibili rischi.
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