Autolesionismo emotivo: farsi del male
Quando parliamo di autolesionismo, è comune pensare quasi istantaneamente a una lesione fisica. Queste forme di autolesionismo deliberato sono, purtroppo, sempre più comuni per placare (drammaticamente) rabbia, sofferenza o frustrazione. Ora, per quanto potrebbe sembrare sorprendente, c’è un fenomeno ancora più ricorrente e del quale si parla raramente: autolesionismo emotivo.
Le lesioni non appartengono solo all’universo fisico, alla superficie della nostra pelle e ai nostri sensi. Sappiamo che le percosse fanno male, proprio come fanno male le parole. Ecco perché è quasi più facile per noi identificare quella forma di dolore che viene dall’esterno e che può ferirci in modi infiniti e contorti, attraverso il disprezzo, il maltrattamento, il vuoto, le grida, l’inganno, ecc.
E che dire di quella forma di dolore che ci autoinfliggiamo? È possibile? Esiste davvero l’autolesionismo emotivo? La risposta è semplice e chiara, sì; anzi, è molto comune, praticamente tutti lo pratichiamo frequentemente senza nemmeno esserne consapevoli. Ferite che, tra l’altro, hanno serie conseguenze.
Lacerazioni all’autostima, colpi diretti alla propria dignità che finiscono per liberare il dolore sotto forma di angoscia o ansia. A poco a poco, la ferita si infetta e provoca la depressione. Impariamo qualcosa in più su questo argomento.
Autolesionismo emotivo, cos’è?
L’autolesionismo emotivo può essere definito come l’insieme di pensieri e comportamenti che agiscono contro di noi e sono chiaramente dannosi per il nostro benessere emotivo. Questa definizione ci costringe a riflettere sul concetto di ferita in quanto tale.
Mentre è vero che ci preoccupiamo di comportamenti come il cutting, il risuka o l’autolesionismo fisico (in inglese, self injury), tutti gesti estremi che molti adolescenti compiono quando feriscono i loro corpi attraverso i tagli, quest’altra dimensione dell’autolesionismo passa spesso inosservata. L’autolesionismo emotivo è il fondamento dei disturbi dell’umore, soprattutto se tale forma di lesione interiore viene praticata costantemente, giorno dopo giorno.
Ma in che modo ci facciamo del male? Quali sono le dinamiche che scatenano questa forma di sofferenza autoinflitta? Scopriamolo qui di seguito.
L’implacabile critico interiore: la voce fuori campo dell’autolesionismo emotivo
In ognuno di noi c’è una voce fuori campo , una figura con una frusta e altri strumenti di tortura con cui ci piace martirizzarci. Lo facciamo sotto forma di boicottaggio, convincendoci che non siamo all’altezza dei nostri obiettivi, riempiendoci di insicurezze, ricordandoci gli errori del passato e soffocando il nostro potenziale.
Ora, attenzione, perché quel torturatore ha il nostro volto e la nostra voce: siamo noi stessi. Siamo noi che gli diamo forza, attraverso un dialogo interiore negativo, le nostre idee irrazionali, le paure insensate e un discorso alimentato da una bassa autostima. Quell’implacabile critico interiore è il responsabile di molte delle nostre ferite emotive.
Autolesionismo emotivo sotto forma di schemi
Quando parliamo di comportamenti che seguono lo stesso schema, ci riferiamo a comportamenti che si ripetono nel tempo, che seguono la stessa linea. Come si collegano questi comportamenti all’autolesionismo emotivo? In un modo che sarà familiare a tutti noi. C’è chi finisce sempre per trovare lo stesso partner: una persona narcisista e violenta, con la quale si stabilisce un legame dipendente.
È come inciampare più e più volte sulla stessa pietra senza aver imparato a vederla ed evitarla. Queste situazioni generano una doppia sofferenza e una frustrazione ricorrente. Perché non solo sentiamo il dolore causato da quella relazione dannosa, ma finiamo anche per incolpare noi stessi per esserci innamorati, ancora una volta, dello stesso tipo di persona.
Quando non mettiamo limiti, diventiamo lo zerbino di tutti
Ci sono persone con un cuore immenso, una gentilezza infinita che non ha limiti né misure protettive. E questo, diciamolo chiaro, è un pericolo. Essere una persona di buon cuore, altruista, disposta ad aiutare, a fare ciò che è possibile per gli altri è ammirevole. Tuttavia, nel caso in cui non si pongano alcune barriere protettive e non si sappia dire “no” quando è necessario si finisce per generare numerose lesioni emotive.
In molti approfittano della bontà altrui e non esitano a usare gli altri come zerbini, come superfici da calpestare a piacimento. Bisogna evitarlo, perché gli effetti di queste situazioni sono molto dannosi per l’autostima.
Condurre una vita senza passioni o motivazione
La vita non è solo lavoro o routine o piacere agli altri, per quanto possiamo amarli. Una vita autentica ha bisogno di passione, progetti da realizzare, obiettivi, capacità di fare ciò che amiamo, dedicare tempo a noi stessi attraverso esperienze che ci emozionano, che ci fanno crescere.
Se non abbiamo nessuno di questi ingredienti, ci spegniamo. Una vita senza emozioni e allegria provoca piccole ferite interne che nessuno vede, ma attraverso le quali, giorno dopo giorno, si sfumano i sogni e la nostra stessa identità.
Dobbiamo prenderci cura di quel sottile equilibrio tra obblighi e piaceri, tra lavoro e sogni, tra la coppia e se stessi.
Per concludere, anche se è vero che la maggior parte di noi porta dentro di sé più di una ferita emotiva, è sempre un buon momento per prendersi cura di noi stessi e cercare di ricucire queste ferite.
Avere dei passatempi , rafforzare l’autostima e prenderci cura di noi con immenso affetto cureranno quel dolore, per trasformarci in persone più coraggiose, più forti e disposte a lavorare per la propria felicità.