Trasformare il dolore in crescita
Il dolore è inerente alla vita. Ne fa parte allo stesso modo della gioia e della felicità. Tendiamo a pensare che sia un capriccio del destino, ma non è altro che un’estensione della nostra esistenza. Ecco perché non possiamo evitarlo e ogni sforzo a tale scopo sarà estenuante e inutile.
Il dolore, come la gioia, ci avvicina alla nostra essenza più primaria. Entrambi ci danno le lezioni di vita più importanti e guidano i nostri passi.
Ma molte volte trasformiamo il dolore in sofferenza. In una bevanda amara ed eterna che beviamo anche in modo aggressivo e morboso. In qualche modo, è come se cercassimo disperatamente più sofferenza di quella che già esiste.
La sofferenza è un’ulteriore aggiunta al dolore, non è il dolore in sé
Non è male essere nostalgici o voler stare da soli con il proprio dolore. A volte è persino necessario. Bere un caffè da soli, quel momento di incontro con la propria intimità più solitaria. L’incontro con la propria umanità.
L’aspetto più inquietante, e che provoca ulteriore sofferenza, è il peso che aggiungiamo a noi stessi scegliendo di scalare una ripida montagna. Per esempio, quando ripetiamo a noi stessi che la tristezza durerà per sempre.
Trasformare il dolore in crescita
Ma c’è una buona notizia: possiamo invertire quella sofferenza, meglio ancora possiamo trasformarla in una lezione di vita che aumenta esponenzialmente la nostra saggezza esistenziale.
In che modo? José Antonio Garcia-Monge, uno degli psicologi e delle persone che più ha influenzato la mia vita, lo ha spiegato in uno dei suoi libri.
Quando si affronta quel percorso attraverso il quale sono passate tante menti inquiete, si raggiunge una saggezza che permette di verificare che il dolore è umano e inseparabile dall’atto di vivere.
Allo stesso modo, diventa chiaro che la sofferenza è un artificio che aggiungiamo e di cui possiamo liberarci.
1. Riconoscerla
Dobbiamo identificare la nostra sofferenza. Sapere se è un dolore che colpisce mentalmente, fisicamente, socialmente, esistenzialmente, etc.
Ne esistono diversi tipi e dobbiamo saperli riconoscere, guardarli e favorire quell’incontro speciale di cui parlavamo prima.
2. Avere un dialogo onesto con la sofferenza
Per avviare un dialogo con la sofferenza, deve essere chiaro che il dolore ci avverte del fatto che qualcosa nella nostra vita non sta andando per il verso giusto.
Qualcosa sta interrompendo la nostra tranquillità. Ecco perché dobbiamo capire da dove viene questo dolore e perché appare.
Rispondendo a queste domande abbiamo già raggiunto un grande traguardo. Ma per porci queste domande dobbiamo essere onesti e ascoltare ciò che questo dolore vuole dirci.
Non vale la pena di fuggire in preda al terrore, né ascoltarlo a metà. Dobbiamo ascoltarlo con tutti i nostri sensi e con la massima sincerità possibile poiché il dolore ci spoglia e ci scopre.
3. Non trasformarlo in sofferenza
Come dice Garcia-Monge “Il dolore può bruciare una parte del nostro corpo. La sofferenza ha il potere di deteriorare l’intera persona“.
La sofferenza ha il potere di bloccare completamente la nostra mente, quindi di renderci incapaci.
Trasformiamo il nostro dolore in sofferenza nel momento in cui lo proiettiamo nel tempo, lo dotiamo di una permanenza infinita o lo ingigantiamo con messaggi catastrofici e senza speranza.
4. Assumersi le proprie responsabilità per trasformare il dolore
Questo non significa incolpare noi stessi. Assumersi la responsabilità del proprio dolore passa attraverso il riconoscimento di quello che facciamo per amplificarlo.
Cosa lo fa crescere, cosa fa diventare una pioggia leggera in un diluvio.
Addossare le proprie responsabilità agli altri è ancora una volta un esercizio inutile che finirà per generare più dolore. In effetti, è uno degli inganni che tendono a sopravvivere nel minor tempo possibile.
5. Sbarazzarsi della sofferenza senza cambiarne il posto
Con i passaggi precedenti avremo già ottenuto abbastanza, poiché offrono una pace che non troviamo quando rimandiamo all’infinito l’appuntamento con il dolore. Un incontro faccia a faccia da soli.
Forse possiamo placarlo e ogni persona è unica e sa cosa può aiutarla o meno. Non esistono soluzioni ugualmente efficaci per tutti, né bacchette miracolose. Vivere vuol dire anche questo.
6. Trasformare il dolore per crescere (nonostante ciò)
“Esistenzialmente che siamo più grandi del nostro stesso dolore “, dice García-Monge. Ancora una volta, una frase che mi spinge a scrivere. Essere più grandi del nostro dolore implica che NON siamo solo ed esclusivamente il nostro dolore.
Implica riconoscere che abbiamo risorse che dobbiamo scoprire e utilizzare per aiutarci e accompagnarci in questo passaggio difficile, ma molto umano, grazie al quale è possibile trasformare il dolore in crescita.
Conclusioni
Invitiamo tutte le persone che stanno attraversando un brutto momento ad ascoltarsi con l’onestà che ciò richiede, ad accettare ciò che è loro e non altrui, ad abbracciarsi. Dopotutto, in ciò consiste il percorso di crescita della vita.