Il mito di Apollo, dio delle profezie
Il mito di Apollo parla del dio più venerato nell’antica Grecia subito dopo Zeus. Fu tanto importante che il suo culto riuscì a sopravvivere in sordina fino al Medioevo. Ancora oggi esistono seguaci che lo invocano.
L’importanza del mito di Apollo deriva dagli enormi poteri che si attribuivano a questa divinità. Dio delle arti, delle profezie, portatore di luce e verità, Apollo era in grado di infliggere pestilenze, epidemie e morti improvvise, ma anche di garantire guarigione e protezione contro le forze maligne.
Allo stesso modo, il mito gli assegna il dominio sulla bellezza, l’armonia, l’equilibrio e la perfezione. Iniziava i giovani alla maturità, proteggeva i pastori, i marinai e gli arcieri come signore massimo dell’arco e delle frecce. Era anche dio della musica e della poesia, signore delle muse e protettore dell’Oracolo di Delfi.
“Quanto più l’uomo nega se stesso, tanto più riceverà dagli dei.”
– Orazio –
L’origine del mito di Apollo
Apollo era figlio di Zeus, re degli dei dell’Olimpo, e di Leto, una titanide. Inizialmente, Zeus era attratto dalla sorella di Leto, Asteria, la quale cercò di possedere con la forza. Spaventata, si trasformò in quaglia per potergli sfuggire, ma poiché Zeus continuava a insidiarla, Asteria si gettò in mare, diventando l’isola di Ortigia.
Il signore dell’Olimpo, quindi, mise gli occhi su Leto, questa volta corrisposto. La fanciulla rimase incinta, ma Era, consorte legittima di Zeus, scoprì la scappatella e avviò una feroce persecuzione contro la titanide. La moglie tradita chiese alla figlia Ilizia, dea del parto, di impedire la nascita del figlio di Leto, la quale soffrì terribili dolori per nove giorni.
Gli dei, tuttavia, ne ebbero compassione. Leto aspettava due gemelli e gli dei permisero alla bambina, Artemide, di nascere e diventare in fretta adulta in modo da aiutare la madre a partorire il fratello, Apollo. Artemide rimase talmente scossa dalle sofferenze della madre, che decise di rimanere per sempre vergine.
Un Apollo fantastico
Il calvario di Leto non terminò con la nascita di Apollo. Era, ancora furiosa per il tradimento subito, inviò il serpente Pitone per sterminare la famigliola. Impietositi dal destino di Leto, gli dei intervennero nuovamente e fecero crescere Apollo in soli quattro giorni, decretando la morte del mostro.
Apollo uccise Pitone con mille frecce, ma poiché si trattava di un animale sacro, dovette fare penitenza per avergli tolto la vita. Dove il mostro cadde morto, venne innalzato l’Oracolo di Delfi, luogo di cui Apollo divenne protettore, sussurrando profezie all’orecchio delle Pizie o degli indovini.
Secondo il mito di Apollo, sia lui che la sorella protessero la madre per sempre, poiché Era non smise mai di perseguitarla. I gemelli uccisero il gigante Tizio, che cercò di violentare Leto, e Apollo sterminò anche i quattordici figli di Niobe, che si erano burlati della sfortunata titanide.
Un dio umano
Apollo ebbe una discendenza numerosa, ma fu sfortunato in amore. Si invaghì di Cassandra, alla quale aveva donato una profezia, ma lei lo respinse. Poi si innamorò di Dafne, dopo essere stato colpito da una freccia di Cupido, ma anche questa volta non fu ricambiato e vide la ninfa trasformarsi in albero.
Il mito di Apollo si compone di diversi episodi, molti dei quali atti di violenza. In uno dei più noti , Zeus ordinò ai Ciclopi di uccidere Asclepio, figlio di Apollo. Devastato dal dolore, il dio delle arti uccise i ciclopi e fu per questo punito. Zeus lo inviò nel mondo dei mortali e Apollo dovette vivere come loro e provare la loro stessa sofferenza.
Eccellente suonatore di lira, partecipò attivamente alla guerra di Troia schierandosi dalla parte dei troiani. Aiutò Paride a uccidere Achille, dopo che questi aveva ucciso i suoi fratelli Ettore e Troilo. Il mito giunse quasi inalterato alla mitologia romana, per cui Apollo divenne una delle divinità più ammirate e rispettate.
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Vozmediano, M. M., & Pelaez, A. M. (2018). Análisis cuantitativo y perspectiva de género como nuevo significado en el mito de Apolo y Dafne. Arquetipo, (17), 81-102.